Una tempesta perfetta: costi energetici alle stelle (anche negli USA), crollo del valore di Bitcoin e contestuale crescita dell’hashrate complessivo. E a finire in guai grossi è il miner con la più alta porzione di hashrate. Panico? No, e spiegheremo perché in questo nostro approfondimento dedicato a Core Scientific.
La stessa Core Scientific che ha dichiarato ieri che sospenderà i pagamenti dei propri debiti in un filing a SEC, dovuto in quanto società quotata. Una catastrofe? Sì per gli azionisti di Core Scientific che hanno visto liquefarsi il loro capitale. Meno per il mondo di Bitcoin, che sopravviverà anche a questa.
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Come abbiamo detto in apertura è stata una tempesta perfetta. Costi dell’energia in aumento, hashrate altrettanto in aumento (che vuol dire ritorni più bassi a parità di hashrate, anche se indirettamente) e prezzo di Bitcoin molto meno interessante di qualche mese fa.
E società di mining anche solide e quotate in borsa come Core Scientific si trovano nell’impossibilità di far fronte ai propri debiti e potrebbero avviarsi, libri in mano, verso il tribunale. Una situazione che in realtà in diversi avevano già indicato come possibile e anzi probabile. Con una Bitcoin-Sfera già parecchio nervosa per un bear market che – qualcuno non lo ammette ma è così – duro per tutti, è anche normale che si manifesti qualche ansia. Ansia che però non ha ragione di esistere, per tutta una serie di motivi che andremo ad analizzare in questo nostro approfondimento.
I dati che prenderemo sono gli ultimi che nel solito report mensile Core Scientific ha diffuso tramite comunicato stampa. Partiamo dal fatto che CS gestisce sia macchine sue (la maggioranza) sia macchine di terzi, per le quali riceve pagamenti un tanto al chilo, o meglio, un tanto alla quantità di energia che viene utilizzata.
A fine settembre erano circa 130.000 per un totale di circa 13 EH/s. Entro fine anno ne sono attese altre 38.000. Nel complesso, secondo i dati che il gruppo ha diffuso il mining in proprio vale il 58% del business.
Valore totale di 9,5 EH/s per circa 102.000 macchine. Il totale è del 48% sul totale. Tali macchine pagano un tot per energia consumata, prezzo che è stato incrementato più volte di recente, proprio per far fronte ad un maggiore costo energetico che il gruppo deve affrontare.
Il gruppo sta vendendo da tempo ormai le sue riserve di Bitcoin che ottiene tramite mining. Al momento dovrebbero esserne poco più di 20, quantità che non può creare alcun tipo di problema sul mercato. Il gruppo continua a produrre circa ~1.300 Bitcoin al mese, e parte della pressione di vendita delle ultime settimane può essere ricondotta proprio all’attività di CS e di altri miner, che in diversi casi sono dovuti ricorrere alla vendita di quanto ottenuto tramite mining per evitare problemi peggiori.
Difficile a dirsi. Secondo diversi analisti potrebbero esserci altri miner a trovarsi a breve in cattive acque. Sta di fatto che il più importante in termini relativi ha quasi sgomberato il campo e se dovesse fallire offrirebbe un po’ di sollievo ai concorrenti.
Per quanto spietato possa sembrare, è un survival of the fittest, o sopravvivenza del più forte che dir si voglia in italiano. È un mercato spietato, che prima ha offerto ritorni da capogiro ai miner organizzati e ora prova a riprendersi.
La combinazione è di quelle che stenderebbero anche un toro, metaforicamente parlando. E forse anche anche il frutto di eccessivo entusiasmo quando il mercato tirava e i Bitcoin messi in cassa garantivano ritorni da capogiro.
Dato che il protocollo di Bitcoin si autoaggiusta, nel caso in cui dovesse venire meno l’apporto di Core Scientific, dovrebbe disegnarsi un quadro di questo tipo:
Scenderà l’hashrate, ammesso che nessuno subentri, e quindi ogni due settimane si aggiungerà al ribasso la difficulty. Questo permetterà a parità di hashrate conservato dai concorrenti di portare a casa qualcosa in più.
Staremo a vedere. Dubitiamo che i fornitori di Core Scientific che avrebbero dovuto spedire altre 30.000 macchine da qui alla fine dell’anno le consegneranno, anche perché mancherebbero pagamenti anche per quelle già consegnate. Probabilmente finiranno sul mercato ad n prezzo scontato.
Così come potrebbero finire sul mercato, anche se la procedura potrebbe essere relativamente lunga, quelle già in possesso di Core Scientific.
Le macchine ASIC che CS non potrà più mantenere saranno immediatamente acquistate e poi re-impiegate da altri. Riportando con ogni probabilità l’hashrate verso i livelli di massimo che ha fatto registare qualche giorno fa.
In altre parole, difficile che succeda qualcosa di eclatante nel mondo di Bitcoin. Tanto in quel mining che ne è poi parametro di sicurezza, quanto sui mercati. Mercati che a conti fatti hanno in realtà assorbito già vendite importanti da parte dei miner.
Certo, in cassa guardando a quanto afferma CryptoQuant hanno ancora quantità considerevoli di Bitcoin. Ma che inneschino una crisi, l’opinione di chi scrive la mettiamo nero su bianco, è qualcosa per il momento da escludersi.
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