Più regole. Il coro dei legislatori e dei regolatori canta sempre la stessa canzone, questa volta accompagnata dal coro di fondo del crollo di FTX. Ultima, ma non meno importante, Christine Lagarde, capo di BCE, che chiama per una sorta di aggiornamento del MiCA. Aggiornamento del MiCA che, tra le altre cose, non è ancora entrato in vigore e non lo farà per i prossimi 18 mesi.
Perché la necessità di un nuovo impianto regolamentare? Neanche a dirlo per la situazione innescata da Sam Bankman-Fried e dal duo Alameda e FTX. Le regole servirebbero per evitare che tali situazioni si ripropongano, ma il dubbio a nostro avviso fondato è che in realtà non ci sia granché da normare per evitare furti e malversazioni, comportamenti che sono già puniti dai nostri ordinamenti.
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Quella tra Lagarde e il settore cripto e Bitcoin non è esattamente una storia d’amore. Anzi, è la storia di continui strali verso un settore che è apparso alla leader della Banca Centrale Europea come un’autentica fucina di problemi anche quando le cose… andavano bene. Con il crack di FTX e con l’effetto contagio ancora da arginare, è chiaro che l’occasione è di fatto troppo ghiotta per non ispirare un nuovo intervento della leader di ECB, o BCE che dir si voglia.
Secondo Lagarde l’Europa o meglio l’Unione sarebbe già avanti a buona parte del resto del mondo grazie al MiCA, complesso di dispositivi per il settore cripto che è ancora in discussione e che dovrebbe vedere la luce delle gazzette ufficiali nei prossimi 18 mesi.
Seppur nella giusta direzione. Si dovrà fare di più, probabilmente con una sorta di MiCA II, che dovrà occuparsi di altre problematiche che dopo il crack di FTX sono emerse, almeno per certi osservatori, dal nulla.
È questo forse l’aspetto più interessante del discorso di Madame Lagarde: come con Libra di Facebook, l’autorità pubblica sarebbe in grado di fermare praticamente tutto. Anche nel mondo della DeFi e delle criptovalute o Bitcoin più direttamente.
Una questione che abbiamo già affrontato diverse volte sulle pagine di Criptovaluta.it e che forse non merita più alcun tipo di approfondimento. Rimane solo da dire che un perimetro regolamentare troppo stretto avrà come effetto più diretto la fuga di una certa parte di appassionati verso meccanismi ancora più difficili da controllare, dividendo nettamente il mondo cripto tra chi ha il bollino di stato (o dell’Unione) e deve sottostare a regole molto stringenti e chi invece avrà buon gioco a radunare tutti gli esuli.
In realtà la questione, almeno a nostro avviso, andrebbe affrontata togliendosi gli occhiali ideologici e possibilmente anche il frustino della regolamentazione che può uccidere chi non è gradito ai piani alti di BCE, seppur metaforicamente.
Il comportamento tenuto da FTX è già reato tanto in Europa quanto in ogni altra giurisdizione del mondo. In che senso una maggiore regolamentazione potrebbe effettivamente limitare la possibilità che tali eventi si verifichino?
Una regola non è giusta soltanto per il fatto di essere una regola. Oltre a chiamate di questo tipo, che raccolgono prevedibilmente gli sguardi ammiccanti di quelle regole deve scriverle, si può entrare di più nel concreto? Cosa non ha funzionato nel caso di FTX?
È comprensibile il desiderio di potenza illimitata del re, ma fino a dove ragionevolmente potranno spingersi le regolamentazioni europee? Si pensa di poter normare anche su altri paesi che non fanno parte dell’Unione? Si pensa di poter imporre la propria visione anche a Stati Uniti, Bahamas o qualunque altro tipo di giurisdizione?
FTX era in Europa con pratiche dubbie già per un osservatore di modesta conoscenza di come funzionano le cose. La vigilanza di CySEC, che pur è ente riconosciuto e con certi poteri in Europa, sembra aver fallito su tutti i fronti. Chi si occuperà di verificare il rispetto delle regole che Lagarde vorrebbe applicare?
BCE sta anche lanciando l’Euro Digitale, strumento naturalmente inviso a molti e sul quale si è discusso molto poco a livello pubblico. Che ruolo gioca in questo continuo attacco al mondo cripto e Bitcoin?
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