Bitcoin tocca i 19.000$ e si ferma, ma continua comunque a mostrare una certa forza, per molti inaspettata dopo più di un mese di mosse in un intervallo di prezzo molto ristretto. L’ottimismo, al netto dei bastian contrari continua a montare, con molti che vorrebbero – il motivo è più che ragionevole – lasciarsi alle spalle un 2022 da incubo.
Ma quanto è cambiato effettivamente il sentiment, il sentore che il mercato ha riguardo Bitcoin e gli asset di rischio? È il momento di parlarne a 24 ore dall’uscita di dati sull’inflazione neutri, che aprono a scenari però ancora difficili da comprendere.
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Il 2022 – forse è superfluo anche ricordarlo – è stato un anno doppiamente orribile per il mondo di Bitcoin e delle criptovalute. Cali ovunque, spesso superiori all’85%, anche per i progetti più solidi, con la performance di $BTC che è stata soltanto marginalmente migliore di quella del resto del comparto. Al tempo stesso sofferenze importanti per quanto riguarda anche le prospettive dei principali operatori del settore, innescate e rinforzate dal crollo di FTX.
Il tutto nel mezzo di una crisi che arriva da lontano e che in molti sperano che non arrivi lontano. Una crisi che ha fatto pagare un prezzo molto alto a tutti gli asset di rischio e in particolare anche al mondo delle azioni tech.
Pensiamo a Meta/Facebook, ma anche a Tesla, oppure a Zoom o a tanti altri titoli che hanno distrutto una quantità di capitalizzazione importante, per non dire enorme. Vista da questo angolo la performance degli asset crypto e di Bitcoin non sembrerebbe essere stata poi così disastrosa. Non c’è nulla da gioire a riguardo, per carità. Ma le cose andrebbero anche messe in prospettiva. Bitcoin è l’unico asset che è crollato in seguito alla crisi? Assolutamente no. È stato il peggiore? Ancora una volta no. Il problema, per chi vuole seguire un ragionamento un minimo più articolato, è più complesso.
Le condizioni macro sono uniche, per quanto in molti tar gli analisti si affannino a ricondurle a quanto già visto nel 2008. Forse abbiamo dimenticato che usciamo da una biennale COVID che ha visto attività funzionare ad intermittenza, l’arrivo sui mercati di capitale gratis in grande quantità e la ripresa poi normale delle attività a singhiozzo, con la Cina che si sarebbe decisa soltanto adesso.
Il risultato è un mercato inondato di liquidità, che era cresciuto in modo importante anche grazie a questo capitale a basso costo e che ora deve fare i conti con un tentativo di ritorno alla normalità. Come dimostrano le manovre lacrime e sangue di Federal Reserve, non si tratta di decisioni facili e non si tratta di una situazione che potremmo considerare come normale.
In pochi tra i nostri lettori ricordano quale fosse il sentiment che albergava ai piani alti della Banca Centrale Europea. Si è ripetuto per mesi – e quasi ossessivamente – che il problema dell’inflazione fosse in realtà legato ai problemi energetici innescati dalla crisi tra Russia e Ucraina.
In pochi gli hanno creduto – e la narrativa si è rivelata essere più un wishful thinking, ovvero un desiderio che speravano diventasse realtà, che altro. Sta di fatto che il cambio di regime a Francoforte, con aumenti di tassi decisi, ci aiuta a comprendere la particolarità del momento.
L’UE deve fare i conti con debiti pubblici fuori controllo e difficilmente sostenibili con tassi di interesse mediamente più alti. I cospirazionisti ci vedranno un disegno contro l’Italia. Chi è secondo noi un po’ più sveglio invece capirà la gravità del momento in Europa dal fatto che BCE ha preferito rischiare pur di non prolungare eccessivamente questa altissima inflazione.
È un altro elemento che vi invitiamo a valutare per capire a che punto siamo della crisi in senso generale – e in particolare anche sul mondo cripto. Gli effetti secondari delle manovre monetarie restrittive hanno in genere un certo ritardo nel riflettersi sulla cosiddetta economia reale.
Manovre di questo tipo abbassano la domanda aggregata andando a distruggere investimenti e anche posti di lavoro. Per i secondi siamo ancora lontani, per quanto molte grandi aziende (anche del mondo cripto), abbiano già annunciato tagli pesanti.
Questo non vuol dire però che sia necessario che si continui ancora per molto. Anzi, dopo i dati di ieri i mercati hanno cominciato a pensare che in realtà dopo il prossimo e scontato rialzo per il 1° febbraio del 2023, potrebbe esserci anche uno stop definitivo a questo tipo di politiche.
Federal Reserve giura di no. Ma dice al tempo stesso di navigare a vista e di aspettare segnali da inflazione, posti di lavoro e andamento generale dell’economia. Ci sarà recessione? Probabilmente sì, e quando se ne avranno i segnali inequivocabili, la pressione politica su Powell crescerà a dismisura. E probabilmente sarà costretto a fare marcia indietro.
Rimangono – come abbiamo ripetuto più volte nel corso degli ultimi giorni – diversi dossier aperti per quanto concerne il mondo cripto e anche quello Bitcoin, per quanto indirettamente.
Gli exchange sono in crisi? Questo o quello falliranno? Neanche gli account più intraprendenti su Twitter, quelli che vivono di falsi annunci e di sensazionalismo, sarebbero pronti a giurarlo, per quanto si dichiarino sicuri della prossima ecatombe.
La verità è che tanto Crypto.com quanto Binance hanno superato brillantemente gli attacchi trasversali che si sono tradotti anche in una bank run di dimensioni importanti. Rimanete sintonizzati perché ne parleremo a breve e cercheremo di fare un po’ il punto della situazione anche per chi non è pienamente all’interno di questo mondo.
In mattinata è arrivata la notizia di indagini da parte di SEC. Indagini che ai più sembrano mal poste e in ritardo e che complicheranno ulteriormente le problematiche di liquidità che gravano su questo gruppo. Se qualche gruppo magari si sarebbe potuto fare avanti, ora ci penserà una volta in più. E parte della liquidità rimasta dovrà essere impegnata nella difesa in tribunale seguente alla denuncia di SEC.
Ricordiamoci che anche Genesis è stata citata in giudizio da SEC e che il gruppo deve far fronte a 900 milioni di dollari bloccati presso Genesis e che sono stati versati dai suoi clienti. Per ora i Winklevoss attaccano Genesis – e ne hanno ben donde.
Difficile però pensare che a breve i clienti non inizino a esercitare pressioni e a richiedere indietro i denari proprio da Gemini. Una situazione che a nostro avviso va monitorata, per quanto non potrà avere neanche lontanamente l’impatto avuto dal crollo di FTX.
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