Le criptovalute tornano al centro della guerra tra Russia e Ucraina e questa volta coinvolgono anche il Alex Bornyakov, vice-ministro del digitale di Kyev. Il motivo del contendere è una dichiarazione del suddetto vice-ministro,che afferma che molti cittadini russi in disaccordo con l’invasione comandata da Putin starebbero inviando quantità significanti di cripto verso l’Ucraina.
Una sorta di crowdfunding che non sarebbe stato possibile con altri canali, o meglio, magari sì, ma al rischio di essere scoperti dopo pochi secondi. Se quanto affermato da Bornyakov è vero, bisognerà ragionare su quanto i canali cripto possono offrire e su come potrebbero cambiare anche il modo in cui le popolazioni su approcciano alla guerra. E in ultima istanza al dissenso verso le decisioni, per gravi o meno che siano, del loro governo.
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Bitcoin e cripto nel conflitto ucraino
Ne abbiamo già parlato a lungo e ripetutamente su Criptovaluta.it. Le cripto e Bitcoin hanno già giocato un ruolo interessante nel conflitto tra Ucraina e Russia. In molti hanno attivato, exchange compresi, dei canali per le donazioni dirette alla popolazione ucraina e anche il governo stesso aveva aperto dei wallet per ricevere donazioni dirette.
Wallet che a quanto pare, almeno stando a quanto riporta Alex Bornyakov, averebbero ricevuto quantità di crypto-denaro importanti anche dalla Russia, o meglio, da diversi dei suoi cittadini.
Le cripto offrono, in determinate circostanze, un modo anonimo di trasferire denaro. Abbiamo visto che alcuni russi stavano donando somme significative. Capisco che da dentro la Russia non c’è altro modo per loro di fare questo, se non tramite le criptovalute.
Questa è la dichiarazione riportata da Yahoo Finance e che, per quanto suggestiva, non può che aprire ad alcune domande. In primis le modalità con le quali il governo ucraino avrebbe identificato la provenienza di certi fondi. E in attesa di ulteriori spiegazioni rimetteremo il giudizio sulla veridicità dell’ammontare trasferito (e della sua provenienza) a data da destinarsi.
Verosimile? È più che sufficiente
Che si tratti di guerra psicologica o meno, rimane comunque un aspetto molto interessante del possibile utilizzo dei canali cripto, fosse anche soltanto per dimostrare ai più scettici quanto i canali permissionless possano garantire in particolare in circostanze estreme.
Perché quando si contesta alle criptovalute di essere più difficili da controllare da parte dei governi e delle leggi, ci si dimentica forse troppo spesso del fatto che, almeno a certe latitudini, leggi e governi non siano poi quelli che immaginiamo noi, a prescindere da quali siano le nostre tendenze politiche.
Ed è anche una risposta a quelli di Repubblica, Tito Boeri in primis, che continuano a chiedersi l’utilità di questo tipo di infrastrutture. Cosa che non andrà a genio, da Mosca a Roma passando per Milano, a chi pensa di dover sindacare su qualunque tipo di trasferimento tra libere persone. Anche se magari cittadine di paesi diversi e… in guerra.
😥ti voglio bene Gianluca, bravo, non le dice nessuno queste cose.
Poi se il governo ucraino ha un wallet e ha rese pubbliche le chiavi pubbliche per inviare cripto si possono verificare gli invii, CAPITO? SI POSSONO VERIFICARE!
Poi che le abbiano inviate i russi, i giapponesi o i lapponi, poco cambia, le cripto possono aiutare una popolazione straziata da una cazzo di guerra.
BASTA GUERRA, nei cannoni mettiamoci roba buona 🤣🤣🤣🤣
Concordo con Giorgio. La guerra è il fallimento dell’uomo.