Sono stati quantificati per la prima volta in modo ufficiale gli ammanchi in FTX per quanto concerne i fondi dei clienti. Secondo quanto riferisce la nuova gestione, arrivata per prendersi cura degli atti finali dell’ex-exchange, mancherebbero all’appello ben 8,9 miliardi di dollari. Una somma che è vicina a quanto in molti avevano già sospettato e che contribuisce a dipingere un quadro molto fosco della gestione precedente.
Tutto questo mentre qualcuno dei vecchi dirigenti si è già dichiarato colpevole e mentre in altrettanti cercano un accordo con le autorità nella speranza di evitare pene troppo severe. Ammanchi enormi, che collocano FTX al vertice dei fallimenti della pur breve ma intensa storia del mondo cripto.
Fortunatamente si tratta di eventi che il mercato ha già assorbito e dei quali non dovrebbe risentire in alcun modo. Potremo investire sul mondo cripto anche con eToro – vai qui per ottenere un conto gratis di prova – un conto demo che ci permette di investire su 78+ crypto asset e anche di sfruttare servizi fintech innovativi come il CopyTrader, sistema di copia automatica dei più bravi.
Il conto della serva è questo. Mancano dai conti di FTX circa 8,7 miliardi di dollari che sarebbero di proprietà dei clienti. Il conto è il seguente: gli account dei clienti varrebbero ai prezzi attuali circa 11,6 miliardi di dollari, mentre di asset intestati ai clienti ne sarebbero rimasti poco più di 2,7. Un disastro che in alcun modo potrà essere colmato anche con operazioni di liquidazione di quanto rimasto in capo a FTX.
Facendo un altro conto della serva possiamo dire che per ogni dollaro in controvalore degli utenti ci sono circa 25 centesimi. Per uqanto riguarda la tipologia di asset che mancherebbero abbiamo.
La posizione maggiore rimane quella in cash e stablecoin. Ai clienti sarebbero dovuti circa 6,9 miliardi di dollari, mentre ne sono stati recuperati soltanto 580.
Inizia a circolare anche l’ipotesi di un clawback per chi ha prelevato dopo che la crisi è diventata evidente. Durante gli ultimi 3 giorni in cui sono stati disponibili i prelievi sono stati portati via dalla piattaforma circa 7,2 miliardi che i curatori fallimentari potrebbero chiedere di far convergere in un pool comune per ristorare tutti o quasi i clienti in modo più equo. In caso contrario si potrebbe procedere con un tentativo di recupero, per quanto per ora si tratti di un’ipotesi piuttosto remota e spinta soprattutto da chi è rimasto con il cerino in mano.
Ci sono diverse questioni ancora aperte, come il recupero delle donazioni politiche che sono state effettuate principalmente negli USA e anche, come abbiamo visto sopra, il recupero potenziale di alcune somme di chi è riuscito a prelevare negli ultimi giorni di caos.
Le indagini del curatore continuano e con ogni probabilità avremo altre sorprese nei prossimi giorni. Certo è che nonostante siano passati già 4 mesi dal fattaccio, siamo ancora lontani da una soluzion e siamo lontani anche dal comprendere completamente cosa sia avvenuto nei mesi precedenti al crack.
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