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Crypto, Banche e Bitcoin e Bitcoin | O si cambia o si… TACE!

Se le crypto sono diventate intoccabili per il mondo bancario, in parte è anche colpa "nostra". C'è da cambiare, o da lasciar perdere.
2 anni fa
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È ormai chiaro che negli USA si stia facendo di tutto per negare accesso al sistema bancario alle società crypto, macro-categoria all’interno della quale includiamo gli exchange e anche i progetti che realizzano token o altre utilità. L’attacco è chiaro, ma non possiamo fare come gli struzzi e mettere la testa sotto terra quando si tratta di analizzare le responsabilità del settore in queste… difficoltà.

Difficoltà che non sono nate ieri, che non sono nate oggi e che non moriranno domani. E per quanto ci sia una chiara volontà politica di chiudere i ponti – volontà politica che potrebbe cambiare già con le prossime elezioni – ci sono responsabilità a nostro avviso chiare.

La buona notizia preliminare è che il settore, per quanto in molti abbiano difficoltà a ritenerlo tale, sopravviverà anche a questo. E probabilmente trarrà qualche lezione per il futuro. Potremo investire e continuare a farlo anche in futuro con eToroqui puoi ottenere un conto virtuale gratuito di PROVA – tipologia di intermediario dal quale probabilmente gli exchange dovrebbero imparare qualcosa – e non solo in termini di funzionalità, ma di gestione dei capitali e di modo in cui si presenta al mondo bancario.

Banche e crypto: chi ha colpa di cosa? Nessuno è innocente

Ci sono di mezzo le banche, miliardi di dollari degli investitori in Bitcoin e crypto, così come ci sono di mezzo regolamentazioni che cambiano stato per stato e una situazione economica complessiva che desta più di qualche preoccupazione.

Mao Zedong avrebbe detto che grande è la confusione sotto il cielo, ma al contrario suo non possiamo dire che la situazione è eccellente. Partiamo dalla confusione, perché può essere utile per capire cosa sta succedendo, quali sono le colpe degli intermediari crypto e quali saranno i prossimi passi da fare.

  • Le banche hanno forti incentivi a non toccare nulla che abbia a che fare con le cripto

Su questo non ci piove. Ci sono pressioni enormi da parte del regolatore statunitense e ci sono pressioni anche in termini di pubbliche relazioni. Su questo si può fare poco o nulla – perché non per tutti è percorribile la via di trovare qualche amico ai piani alti di Wall Street. E quindi discutere di questo, per ora, è assolutamente inutile.

  • Molti degli intermediari cripto dovrebbero strutturarsi

Non è un invito a quotarsi in borsa come ha fatto Coinbase – cosa che chiaramente non è nella volontà o nella disponibilità di tutti. Si può fare però molto se ci si vuole presentare come intermediari affidabili. Anche perché è necessario presentarsi come tali quando si hanno in mano miliardi e quando se ne vorrebbero depositare altrettanti – con flussi in e out che sono tra i più alti, per settore, al mondo.

Le difficoltà sono evidenti
  • Bilanci chiari

Mancano ancora per troppi exchange. Non parliamo di attestazioni fatte con questo o quel revisore di quinta fascia. Parliamo di quanto si dovrebbe avere in termini di contabilità anche pubblica, per spiegare come funziona il business, come genera denaro, quale sia la sua esposizione e a quanto ammontino le riserve. Si sta facendo qualcosa in tal senso, ma evidentemente non è abbastanza. Anche se non ci sono obblighi in tal senso, dimostrarsi più trasparenti e affidabili delle banche è una condizione necessaria affinché poi si possa dire che è tutta colpa del regolatore.

  • C’è l’alternativa Bitfinex/Tether

Bitfinex e Tether, pur conservando rapporti bancari sul fronte Dollaro USA, hanno deciso di fare diversamente. La società è strutturata su più nazioni, ha avuto in passato comunque enormi problemi a trovare partner bancari e mai ha fatto piagnistei sulla difficoltà di trovare partner negli USA. Anzi, hanno detto a chiare lettere che gli USA gli interessano poco. E nel frattempo stanno cercando giurisdizioni amiche (anche a colpi di investimento) per cercare quella che noi riteniamo essere anche protezione internazionale. È difficile? Assolutamente sì. Ma ancora una volta quando si muovono miliardi è necessario fare qualcosa di più per proteggersi e per conquistare forze e alleati.

C’è da cambiare registro – e questa è la sveglia

Nessuno ha l’obbligo di strutturarsi come se fosse una banca, ci mancherebbe. Ma quando si vuole essere il rogue player in un mondo altamente regolamentato come quello della finanza, a poco poi valgono i piagnistei se nessuno vuole fare affari con noi. Il mondo crypto presenta già delle criticità oggettive per le banche – basti pensare alla rapidità con la quale possono diventare necessari i depositi dei clienti – e aggiungervi una scarsa trasparenza non è il modo ideale per trovare nuovi partner.

Basti guardare in Europa, dove la situazione è più tranquilla che negli States, ma dove comunque per versare via bonifico agli exchange siete, nel grosso dei casi, costretti a passare da banche di quinta lega o neo-bank, le uniche che vogliono avvicinarsi ad un settore dove la rapidità di movimento di denaro mal si sposa con l’alchimia della riserva frazionaria.

E ci saranno anche da pagare fee importanti, perché i clienti cripto, per tutti i motivi di cui sopra, sono poco appetibili per un sistema bancario che sta benissimo anche senza i (pochi) miliardi che questo settore muove.

Possiamo farne a meno? Benissimo. Ma allora è inutile protestare.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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