Coinbase firma di proprio pugno una lunga petizione a SEC sul tema dello Staking, anche quando offerto da terzi. Il tema del contendere è chiaro: dopo la multa milionaria a Kraken, accusata di offrire contratti di investimento tramite questo tipo di servizi, anche gli altri operatori statunitensi temono di essere coinvolti in lunge e costose battaglie legali. Coinbase, che negli USA gode di uno status particolare anche perché è l’unico exchange quotato in borsa, ha così deciso di inoltre un lungo documento all’agenzia, che oltre a chiarire alcuni aspetti dello staking chiede l’apertura ad una discussione pubblica sul tema.
L’idea centrale è che i servizi che offrono staking conto terzi siano nati esclusivamente per favorire la partecipazione a questo tipo di operazioni, senza che questo costituisca, almeno secondo le leggi statunitensi in materia, un contratto di investimento. E cioè, senza che si debba registrare tale offerta presso SEC, l’agenzia governativa che ha potere soltanto su questa categoria di operazioni.
Coinbase chiede, in una lunga petizione, l’avvio di una nuova fase
La petizione è lunga e dettagliata e ricalca alcuni dei temi che sono stati dibattuti in una recente audizione della Commissione del Senato USA che si occupa anche di asset digitali. Ma partiamo dall’inizio: qualche settimana fa Kraken, concorrente di Coinbase, ha pagato 30 milioni di dollari all’interno di un accordo con SEC. L’accordo è nato dopo le accuse dell’agenzia governativa che riguardavano i servizi di staking offerto dall’exchange, che secondo la lettura di Gary Gensler sarebbero dei contratti di investimento e dunque con registrazione obbligatoria presso SEC stessa.
Una posizione non condivisa da molti – e neanche da Kraken a dire il vero – con l’exchange che ha però deciso prima di pagare una multa, poi di chiudere il servizio per evitare ulteriori ripercussioni. Nonostante la multa la questione è rimasta aperta, sia per l’interesse di almeno una parte della politica USA, sia perché altri exchange non vogliono essere oggetto di medesime attenzioni (e multe).
Coinbase ha deciso di inviare una petizione a SEC per avanzare la discussione e per cercare di renderla pubblica, con l’intervento anche di operatori del settore.
Le regolamentazioni dell’ecosistema degli asset digitali possono essere “complesse”, ma crediamo che il pubblico sia meglio servito da SEC quando tali complessità vengono riconosciute e quando viene ricercata la partecipazione dei partecipanti al mercato nello sviluppo di policy e linee guida chiare.
Cosa che fino ad oggi non sembra essere accaduta. Gary Gensler, che è a capo di SEC, ha più volte invitato gli operatori a registrarsi – senza che però sia disponibile una registrazione e senza che esistano linee guida chiare da parte dell’agenzia che presiede.
Il nostro commento di oggi è in risposta ad una recente e sorprendente azione della Commissione, che afferma che alcuni servizi di staking possono costituire contratto di investimento e quindi una security.
Il riferimento è al caso Kraken di cui sopra.
Diversi punti interessanti nella petizione di Coinbase
I punti interessanti della petizione – che potete comunque leggere per intero in inglese nel link che abbiamo fornito in apertura – sono diversi.
I servizi di staking non sono tutti uguali. Esistono diversi modelli e alcuni potrebbero anche essere categorizzati come l’offerta di un servizio di investimento. Lo staking puro che descriviamo nella lettera no. Tali servizi non rientrano nella definizione di offerta di titoli finanziari, così come indicato dal caso della Corte Suprema SEC v. Howey – anche per come è stato ridefinito nel corso degli anni.
L’Howey Test è un test ricavato dalla sentenza della Corte Suprema di cui sopra, che indica in quattro le caratteristiche fondamentali di un contratto di investimento. Gli stessi quattro criteri che Coinbase ha analizzato uno per uno per indicare come in realtà SEC sia fuori strada.
- Investimento di denaro
I servizi staking puri non riguardano un investimento di denaro.
Questa la posizione di Coinbase, che cita l’assenza di rischi finanziari per rigettare già il primo punto – in genere poco contestato – dell’Howey Test applicato al mondo dello staking.
- In un’impresa comune
Non c’è alcuna impresa comune tra stakers o tra stakers e chi offre servizi di staking
Affermando correttamente che chi fa staking o ricorre ai servizi di staking ha comunque pieno controllo dei propri asset, con la possibilità di toglierli dallo staking, venderli, ipotecarli, di votare o di utilizzarli presso altre parti. In aggiunta, sempre secondo Coinbase, i ritorni garantiti dallo staking non sono frutto dell’investimento, ma il pagamento per un servizio che gli staker offrono. E tramite i servizi di terzi di staking non si ottengono ricompense più alte.
- Con l’aspettativa di profitto
Il pagamento di servizi non è aspettativa di profitto
Questo è forse il punto più sottile dell’intero impianto ideale che Coinbase propone a SEC. Secondo l’Howey Test deve esserci una ragionevole aspettativa di profitto per qualificare una transazione come contratto di investimento. Secondo la lettura di Coinbase, quanto ricevuto dagli staker è in realtà il pagamento per l’offerta di infrastruttura necessaria al meccanismo di consenso. Che si tratti di Ethereum o di qualunque altro tipo di network in PoS.
- Tramite lo sforzo di altri
I servizi di staking prevedono lo sforzo “ministeriale” e non manageriale
L’ultimo punto dell’Howey Test prevede che i profitti che l’investitore si aspetta derivino da un’attività di amministrazione dell’impresa in comune da parte di un gruppo di persone o di una sola persona. Nel caso di chi offre servizi di staking, non siamo davanti a questo tipo di sforzo, perché secondo Coinbase in realtà non si ha alcun potere di modifica del funzionamento del protocollo da parte di questi soggetti.
Coinbase strizza anche l’occhio all’ambientalismo
La questione sostenibilità è ritenuta di massima importanza anche dalle parti di SEC e comunque ai piani alti di Wall Street. Per questo motivo, almeno ad avviso di chi vi scrive, Coinbase vi ha dedicato parte della sua petizione.
Il processo di mining non è considerato “green”, dato che prevede il ricorso ad un numero importante di miner in competizione che utilizzano hardware costoso e specializzato che consuma grosse quantità di elettricità. La Proof of Stake è considerata generalmente più veloce e meno dipendente sull’utilizzo intensivo di risorse.
Occhiolino strizzato a ESG e a tanti altri movimenti ideali che hanno trovato albergo anche a Wall Street? O ferma convinzione che PoS sia davvero un miglioramento di PoW?