Paul Krugman, nonostante si sia guadagnato il Premio Nobel per l’economia, non sembra aver granché capito come funziona il denaro, perché si fanno certe scelte e perché in molti si stanno opponendo alle valute digitali delle banche centrali. Questa è la lettura più ingenua di quanto sta avvenendo ai piani alti della discussione economica e politica negli USA.
L’altra possibile lettura è che Paul Krugman, ritenendoci dei mandriani con l’anello al naso, ci stia prendendo apertamente in giro certo di non dover mai pagare il conto intellettuale delle fesserie con le quali inonda il New York Times.
L’ultima tirata del Nobel è un noioso minestrone di fesserie, di luoghi comuni e di teorie senza alcun dato alla base che ci ricordano quanto sia importante non prendere per buona qualunque opinione soltanto perché prodotta da supposte autorità.
Sì, anche i premi Nobel possono dire fesserie, soprattutto quando hanno un’agenda politica propria (o di chi garantisce loro la permanenza nella torre d’avorio).
Raramente sono incapaci di andare oltre il proprio naso. Naso che è sempre metafora di ideologia politica accecante. Perché tornare su Krugman? Perché la scorsa settimana ha pubblicato un editoriale che non vale neanche i byte che dovrete scaricare per leggerlo, ma che in certi circoli farà opinione. E base per altre fesserie a cascata.
Tutto in Krugman, niente al di fuori di Krugman, niente contro Krugman
Il motivo che ha portato Krugman a prendere penna e taccuino e scrivere un lunghissimo polpettone a favore del dollaro digitale e contro le crypto è, ancora una volta, la necessità di ridicolizzare avversari politici. A noi delle beghe tra repubblicani e democratici, tra DeSantis e il clan dei Clinton poco interessa. Quel che interessa è che un Premio Nobel per l’Economia scriva fesserie degne di un bar di ubriaconi senza che nessuno gli faccia notare:
- Che tutti si sono accorti della fede politica che ha preso possesso delle sue capacità di ragionamento
- Che essere premi Nobel non esenta dall’analisi della verità
Paul Krugman crede di essere diventato papa dopo aver ricevuto il premio Nobel e dunque di poter dire la qualunque, fornire interpretazioni autentiche e inoppugnabili, trascinandosi dietro altri invasati ideologici che metaforicamente moriranno sulla collina del dollaro digitale.
Per la maggior parte, la nostra economia gira già su valute digitali, ovvero i conti in banca non è una mazzetta di contante in qualche cassaforte. È una stringa di 1 e 0 su un server da qualche parte. E per la maggior parte dei casi, pagare vuol dire muovere 1 e 0, facendo pagamenti sui nostri computer, con le carte di credito o con Apple Pay o Venmo sui nostri smartphone.
Paul Krugman parte così, facendo finta di non capire (o non capendo davvero, cosa che sarebbe forse più grave) la differenza tra l’attuale sistema di database condivisi e in parte decentralizzati e una moneta tokenizzata, programmabile e direttamente nelle mani della banca centrale anche dopo la sua emissione.
Dopo aver lanciato una lunga tirata utilizzando l’argomento principe degli autoritari, ovvero che chi ha qualcosa da nascondere è certamente un delinquente, continua con:
…utilizzare valigette piene di contante è sempre meno comodo. E per questo c’è domanda per una valuta digitale, equivalenti virtuali del cash vecchia scuola che possono essere conservati e trasferiti elettronicamente. Criptovalute come Bitcoin dovevano soddisfare quella domanda, ma come fa notare uno studio di Federal Reserve, “non sono state adottate vastamente come metodo di pagamento”, perché i loro prezzi sono estremamente volatili, sono difficili da usare e espongono i consumatori a perdite, furti e frodi. Ma il bello viene dopo, quando dopo aver spiegato che comunque tale domanda di valuta digitale sarà presto soddisfatta da Federal Reserve, indica pure chi sarà che continuerà ad utilizzare Bitcoin e criptovalute, rivelando finalmente il percorso ideologico che Federal Reserve e una certa parte della politica vorrebbero intraprendere: la criminalizzazione di chi utilizza criptovalute.
La domanda di criptovalute arriva ora in parte da persone che, onestamente, giustamente o meno, non si fidano delle banche, e in parte da persone coinvolte in attività illecite. Il primo gruppo probabilmente affluirà verso le valute digitali delle banche centrali, che offriranno la comodità del banking senza i rischi percepiti. Questo aiuterà a sgonfiare la bolla cripto. E cosa più importante suggerirà che chi continuerà a utilizzare le valute digitali private sarà un poco di buono. In verità, toglierà il velo che copre il lato oscuro delle cripto.
In altre parole, chi non si troverà contento con una CBDC sarà inequivocabilmente un delinquente, reo non solo di non essere d’accodo con gli onesti cittadini come Paul Krugman, ma anche di non utilizzare lo strumento che cotanta sapienza ritiene definitivo, giusto e utile per tutti.
Anche le peggiori autarchie di 100 anni fa avrebbero avuto disgusto a scrivere falsità ideologiche di questo livello. Sul New York Times, invece, gli si offre spazio ancora una volta non per l’originalità di certe elaborazioni, non per la profondità di certo pensiero, ma perché all’utile trombone di una certa politica USA non si può che offrire il palcoscenico più ampio possibile per diffondere le proprie falsità autoritarie.
Bitcoin per difendersi da gente come Paul Krugman
Bitcoin avrebbe dovuto difenderci da moneta che il potere pubblico stampa a piacimento, avrebbe dovuto difenderci (e lo fa egregiamente) dalla possibilità di vedere censurati i nostri pagamenti e la nostra possibilità di interagire economicamente con altri.
Aggiungiamo un altro scudo: Bitcoin dovrà difenderci dagli intellò di regime, l’intellighenzia funzionale alla perdita delle vostre libertà.
Dopotutto la censura nei pagamenti non è un problema per Krugman. Qualche settimana fa un algoritmo gli aveva chiuso il conto Venmo per errore. Per un personaggio così in vista e con così tanti titoli, è bastato però lamentarsi su Twitter per vedere arrivare la cavalleria dei piani alti di Venmo. Per i comuni mortali avrebbe potuto significare un loop dal quale sarebbe stato impossibile uscire.
Riuscire a contraddirsi da soli non è cosa banale, ma Paul ci è riuscito agilmente. Oppure è proprio rinco*****.
La domanda di criptovalute arriva ora in parte da persone che, onestamente, giustamente o meno, non si fidano delle banche, e in parte da persone coinvolte in attività illecite. Il primo gruppo probabilmente affluirà verso le valute digitali delle banche centrali
Insomma per questo umano chi non si fida ora della banche si fiderà domani della banca centrale. Essì, non fa una grinza.
Lunga vita al Sommo Vitalik e al Protocollo. Ogni resistenza è futile. Sarete tutti un nostro layer2.
nulla di cui sorprendersi: quel pirla di obama ha vinto il nobel per la pace prima di radere al suolo mezzo mondo, è ovvio che anche il nobel per l’economia venga assegnato ad un idiota che della materia non ci capisca niente…
Sto perdendo pezzo a pezzo la speranza nelle persone perciò per oggi mi limito a dire che se anche rimanessimo in un migliaio di invasati ad usare Bitcoin saremmo un migliaio di persone che fanno PIL non seghe, e lo riversano in una moneta deflazionistica a supply limitata.
In altre parole, anche dovessimo sempre uscire in valuta fiat per spendere, Bitcoin resterebbe una riserva di valore migliore della loro carta straccia o dell’oro.
E sperino che nessun altro se ne accorga, o cominceremmo ad essere 1001.
Certe opinioni non meriterebbero il tempo di venire formulate figuriamoci di ascoltarle.
Fiat academia credentials.
Paul : poverino non capisce ………