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Bitcoin contro New York Times! | Quanto c’è di vero nelle ACCUSE…

New York Times contro Bitcoin. Cosa succede al mining Bitcoin. E quanto inquina veramente? Ve lo raccontiamo nella quarta uscita del nostro Magazine.
1 anno fa
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Grande bufala? Genuine preoccupazioni per l’ambiente? Oppure agenda politica contro Bitcoin. Uno speciale del New York Times ha riacceso la discussione e l’interesse dell’opinione pubblica sul mining Bitcoin – operazione dispendiosa sotto il profilo energetico e che secondo la testata statunitense sarebbe responsabile per un inquinamento senza precedenti.

Non tutto quanto è stato però raccontato dall’importante quotidiano deve essere preso per buono. Di problemi, tanto di approccio quanto di metodologia, ce ne sono in realtà diversi. E di questo abbiamo deciso di occuparci all’interno del quarto numero del nostro Magazine.


Leggi qui il quarto numero del nostro Magazine

Dati rivedibili, approccio contrarian, agenda politica: tutti contro Bitcoin

L’ultimo articolo pubblicato da New York Times contro Bitcoin e il mining ha quantomeno il pregio di ricordarci che la battaglia è ancora lontana dall’apice e che con ogni probabilità si tornerà alla carica di un’industria che, fino a prova contraria, non ha meno ragion d’essere rispetto alle altre.

A Bitcoin e al mining si contesta però, a questo giro, non soltanto di inquinare, ma anche di causare costi non previsti alle comunità che vivono in prossimità delle principali mining farm. Costi su del 5% in alcune località del Texas, mentre i miner avrebbero incassato somme importanti soltanto per essersi sganciati dalla rete nei momenti di picco.

Una storia torbida, fatta di affaristi che non promettono nulla di buono e che nulla di buono portano nelle comunità nelle quali farebbero il loro ingresso senza chiedere permesso a nessuno, neanche al New York Times.

In realtà anche ad un’analisi superficiale della questione emergono problemi importanti nell’indagine di New York Times, indagine sui cui metodi c’è parecchio da ridire. In primis perché non sono pubblici, al contrario del codice di Bitcoin.

  • Dati sui consumi non affidabili

L’unica delle metodologie pubblicamente accessibili è quella utilizzata per valutare l’effettivo impatto sul consumo di combustibili fossili per produrre energia. E anche qui c’è chi, a ragione, si lamenta.

  • Il caso Demand Response

È un programma attivo quasi ovunque (e anche in Texas), al quale aderiscono in piena libertà e secondo la legge anche diversi miner Bitcoin. È fondamentale per la tenuta del sistema elettrico e non vi è alcunché di losco. Il NYT però ha deciso di raccontarlo con altre tinte.

Si può fare e si deve fare di più

Ok i meme, ok le burle, ma c’è da rispondere in modo più serio e strutturato a quanto viene diffuso dai giornali mainstream. Sarà forse questa la grande sfida che il mondo Bitcoin e dei suoi appassionati – anche industriali – dovrà affrontare a stretto giro di posta.

Non perché si debbano spiegazioni a qualcuno, ma perché un’opinione pubblica sapientemente ammaestrata dai soliti noti può essere molto pericolosa. Perché sì, la cosa ha dei risvolti anche politici.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

Vedi Commenti

  • Centrato in pieno il bersaglio, un'opinione pubblica ammaestrata dalle testate giornalistiche ma soprattutto dalle tv che fino ad ora ci hanno raccontato solo balle su tutto a partire dal clima per poi arrivare all'inquinamento del mining e via discorrendo. Su tante cose oscure continuano ad insabbiare la verità.

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  • Sarebbe interessante uno studio sul consumo energetico della estrazione e gestione dell'oro, del sistema bancario e della manipolazione della ricchezza e della sua distribuzione da parte della banche centrali e del sistema bancario in generale. Ancor più interessante uno studio attendibile su quanto il leviatano finanziario fuori da qualsiasi controllo di una politica effettivamente rappresentativa incida sull'impoverimento della popolazione mondiale chiamata a sanare le conseguenze di una crisi economica finanziaria mondiale causata da irresponsabili gestioni dei protagonisti della finanza. Il cittadino dovrebbe disporre di un'informazione obiettiva che gli faccia capire quanto sia grave che esponenti delle banche centrali possano scrivere tranquillamente su giornali mainstream che la gestione degli aumenti degli interessi non deve essere vanificata con adeguamenti degli stipendi all'inflazione. E quando vota il cittadino dovrebbe farlo avendo potuto capire che qualsiasi misura promessa dai nostri esponenti politici e di governo in caccia di voti e di un po'di pubblicità è del tutto vana. A cosa servono 100 euro in busta paga "regalati" dal politico di turno contro un'inflazione fuori controllo e volutamente sottovalutata ? Il leviatano finanziario è talmente forte potente e diffuso che non ha paura di niente e si fa beffe di tutto ma nel caso di Bitcoin sente il morso!

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