Il caso di insider trading interno a Coinbase per tramite di uno suo ormai ex-dipendente volgerà rapidamente a termine. Ishan Wahi avrebbe infatti richiesto una pena non superiore ai 10 mesi di reclusione, per una causa legale che probabilmente farà storia nel mondo crypto e che costituirà precedente per altri casi che dovessero presentarsi nel corso dei prossimi anni.
10 mesi di carcere, pochi rispetto alle pene draconiane che in genere governano tali casi, puntando sul fatto che pene accessorie – e indipendenti dal tribunale, siano state in realtà già inflitte a Wahi, che ha bruciato con il suo comportamento una carriera promettente e un passato di affidabilità sul quale, a quanto pare, avrebbe fatto affidamento anche Coinbase.
Che 10 mesi siano troppi o pochi lo deciderà la giuria: la questione è interessante per tutta un’altra serie di motivi e perché insiste su un problema che temiamo non sia stato completamente risolto presso exchange diversi da Coinbase.
Insider trading sulle cripto da quotare: Wahi chiede 10 mesi
Il caso dovrebbero conoscerlo tutti. Ishan Wahi ha fornito più volte al fratello anticipazione sui token crypto che poi sarebbero stati quotati presso l’exchange Coinbase. Informazioni preziose e che possono fruttare una quantità importante di denaro se utilizzate con le tempistiche giuste. E soprattutto se si è in grado di operare senza farsi pizzicare tanto dalle autorità quanto da chi gestisce certe attività.
Cosa che non è riuscita alla premiata ditta composta da Ishan Wahi e da suo fratello, con il primo che ora si trova davanti ad una corte a giustificare il proprio comportamento. Anzi, a chiedere una pena compassionevole il più possibile.
La difesa chiede rispettosamente una sentenza di non più di 10 mesi di carcere, ritenendo che questa, insieme ad altre conseguenze dell’incarcerazione di Ishan, imponga una punizione sufficiente ma non eccessiva per i crimini che si stanno dibattendo. […] Ishan è un uomo di carattere impeccabile che ha superato certi limiti. La sua promettente carriera è stata interrotta istantaneamente, con nessuna prospettiva realistica di impieghi simili in futuro.
Questo è quanto si legge nel documento della difesa di Wahi consegnato alla corte, che chiude così un processo all’interno del quale lo stesso Wahi si è dichiarato colpevole di aver condiviso dettagli sulle quotazioni future di certi token con il fratello Nikhil Wahi e con un terzo soggetto, Sameer Ramani.
Una causa che farà scuola
È il primo di questi casi che coinvolge un exchange così importante – con Coinbase che si è costituita parte civile nel processo – e che probabilmente farà scuola anche per il futuro. I procedimenti che portano alla quotazione di determinati token hanno un impatto importante sul prezzo dei cripto-asset e non possono che attirare anche certi malintenzionati.
Un problema che è però lungi dall’essere risolto: di movimenti strani se ne vedono quasi sempre in prossimità di certe quotazioni, cosa che lascerebbe intendere un problema diffuso in realtà presso più exchange e che forse questa causa, con lo spauracchio della carcerazione, aiuterà a ridurre. O forse no.