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Bitcoin: esperimento fallito in QUESTO paese | Cos’è successo?

Il secondo esperimento di Bitcoin come valuta avente corso legale non è andato granché. Complotto ordito da IMF o semplice incapacità locale? Una mini-indagine sulla Repubblica Centrafricana
1 anno fa
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Qualche dubbio era iniziato a circolare quando, insieme a Bitcoin, era iniziata la promozione a spron battuto di una criptovaluta locale, Sango, che doveva essere legata in qualche modo alle risorse naturali di cui il paese è dotato. A marzo 2023 è poi arrivata la parola fine su un esperimento in realtà mai iniziato, che mai ha raccolto grossi entusiasmi e che molti dei nostri lettori avevano, probabilmente, già dimenticato.

Parliamo della Repubblica Centrafricana, che dopo un meeting dei paesi che utilizzano il franco CFA, sembrerebbe essere pronta a tornare sui suoi passi, evitando così di violare le regole per la partecipazione al blocco CFA e garantendo ai partner nessun colpo di testa, almeno per il futuro di breve periodo.

Secondo quanto riportato da uno speciale di Central Banking inoltre, ci sarebbero state pressioni proprio dai partner. Pressioni che hanno spinto RCA a tornare sui suoi passi, eliminando la garanzia di convertibilità delle criptovalute e di Bitcoin per mano del governo centrale e anche la possibilità di pagare tasse ricorrendo a tali valute, votando una legge lo scorso marzo.

Una storia molto diversa da quella di El Salvador, che era partita in un contesto radicalmente differente e che termina così anzitempo, senza aver prodotto granché effetti.

Addio Bitcoin, addio crypto, che ne sarà del Sango?

In realtà di dubbi, almeno tra gli esperti e gli analisti, ne circolavano ormai da tempo. Per la precisione ne circolavano da quando il paese annunciò, a poche settimane di distanza dalla prima legge che apriva a Bitcoin e cripto, la propria criptovaluta, il Sango, che avrebbe dovuto rappresentare il valore delle risorse naturali del paese.

Non abbiamo alcuna intenzione di abbandonare la comunità [del franco CFA, NDR]. Continueremo certamente a rispettare le regole.

Secondo quanto è stato riportato da Central Banking, sarebbe stata quest ala dichiarazione del presidente della Repubblica Centrafricana, quel Fausting Archange Touadéra che pur si era detto, poco più di un anno fa, entusiasta dell’adozione da parte del suo paese di $BTC.

Tra le dichiarazioni recentemente raccolte c’è anche quella del Ministro delle Finanze Hervé Ndoba:

Il vero obiettivo di questo sistema che abbiamo messo in piedi è di ottenere risorse e di monitorare le nostre risorse naturali.

Rinnegando così che il percorso fosse nato per aprire alle criptovalute offrendo loro un qualunque tipo di status ufficiale. Tutto questo mentre già durante la fase di approvazione della legge originaria erano partite le proteste non solo dal Fondo Monetario Internazionale, ma anche dalla Banca Centrale sovranazionale che gestisce il franco CFA e anche l’adesione dei vari paesi a questo sistema monetario.

Chi ha ingannato chi?

Programma troppo ambizioso o operazione politica?

Rimane ora da chiedersi cosa non abbia funzionato nella Repubblica Centrafricana: la Corte Costituzionale del paese aveva bloccato un’iniziativa che sarebbe dovuta essere parallela all’adozione di Bitcoin, quella della e-residenza che avrebbe dovuto apportare fondi e società che si occupano di Bitcoin a aprire una sede nel paese.

Allo stesso tempo nessuno fa mistero delle resistenze del gruppo del franco CFA e qualcuno indica in questa strenua opposizione il motivo dell’abbandono repentino di Bitcoin e dintorni da parte della Repubblica Centrafricana.

Probabilmente la verità è nel mezzo: resistenze politiche anche interne, mescolate a pressioni esterne con l’aggiunta di uno scarso successo dell’iniziativa hanno contribuito a farla dimenticare prima e a farla cancellare poi.

Di recente ha parlato di questa vicenda anche Jonathan Buck, che ha citato le condizioni economiche compromesse e il difficile accesso a internet da parte di una larga fetta della popolazione come uno dei motivi del fallimento dell’iniziativa. Questione alla quale si aggiunge lo scetticismo e anche l’opposizione a livello internazionale (FMI?) all’iniziativa.

Rischi alti, costi alti, benefici quasi nulli anche per una situazione economicamente molto arretrata. Sarà questo il mix che ha fatto fallire l’esperimento?

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

Vedi Commenti

  • Da ignorantone che sono mi chiedevo come mai per minare il 90% dei bitcoin sono bastati 13 anni mentre per il restante 10% ci vogliono altri 100 e più?

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    • Perché ogni circa 4 anni la quantità di "bitcoin nuovi" in ogni blocco si dimezza.

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