Si chiude nel migliore dei modi – e con una multa relativamente salta – un’altra delle questioni legali affrontate negli USA da parte di importanti exchange crypto. Questa volta a pagare una multa di 7,6 milioni di dollari è Poloniex con la sua divisione USA, in relazione agli scarsi controlli sulla provenienza degli utenti tra il 2014 e il 2019, che avrebbero permesso a diversi trader e investitori residenti in paesi sottoposti a sanzioni di utilizzare la propria piattaforma.
La questione non riguarda né SEC né CFTC, ma OFAC, l’entità che negli Stati Uniti si occupa appunto di verificare l’applicazione delle sanzioni economiche verso Iran, Cuba e altri paesi nel mondo sottoposti ad una sorta di embargo economico da parte degli Stati Uniti d’America.
Poloniex, secondo quanto viene riportato da diverse testate statunitensi, avrebbe accettato di pagare sanzioni per 7,6 milioni di dollari, multa che scriverà la parola fine su questa vicenda e permetterà all’exchange crypto di continuare a operare senza grossi grattacapi.
Cos’è successo e perché Poloniex ha deciso di pagare
Secondo l’accusa Poloniex avrebbe permesso a diversi soggetti residenti in Iran, a Cuba, in Sudan e Siria (tutti paesi sottoposti a importanti restrizioni da parte degli USA) di fare trading sulla sua piattaforma per somme complessivamente vicine a 15 milioni di dollari. Qualcosa che sarebbe avvenuto nonostante esistessero, per quanto blandi, controlli sulla provenienza degli utenti stessi.
La vicenda riguarda gli anni che vanno dal 2014 al 2019 e si potrà dire finalmente conclusa una volta che la multa, che Poloniex ha già accettato, sarà pagata. Si tratta di una somma vicina alla metà dei trade complessivi di utenti provenienti da paesi sottoposti a embargo avrebbero effettuato tramite l’exchange.
Multa salata? In realtà siamo relativamente in linea a quanto più volte hanno pagato negli USA anche normalissimi istituti bancari, pizzicati talvolta a offrire servizi a chi non può accedere, categoricamente, a quanto offerto da imprese con la sede negli USA.
A essere colpita è Poloniex LLC, una società registrata negli USA e che era direttamente sotto il controllo di Poloniex, exchange dai volumi non entusiasmanti ma comunque rilevante all’interno del mondo crypto e dietro il quale ci sarebbe ormai da tempo quel Justin Sun di cui vi abbiamo parlato sul nostro Magazine.
Justin Sun che non chiude qui per i suoi problemi con la giustizia USA. Il divisivo tycoon del mondo crypto dovrà ancora fronteggiare, per altre vicende legate a Tron e BitTorrent, una lunga e complessa causa legale contro SEC.
*Similitudini con il caso Binance?**
Non esattamente: a Binance si contesta l’offerta di derivati al pubblico USA senza una regolare licenza. Le accuse di aver fornito account a persone, entità e paesi sotto embargo economico o sottoposti a sanzioni è accessoria e non è responsabilità di CFTC, che è l’agenzia che sta muovendo guerra all’exchange di CZ. Quanto avvenuto a Poloniex è ordinaria amministrazione per OFAC, che commina ogni anno milioni di dollari in multe anche ai normali istituti bancari. Fare affari con certi paesi, almeno per chi ha sede negli USA, è praticamente impossibile, per quanto talvolta il gioco delle multe valga la candela dei profitti. Non è stato questo il caso di Poloniex.
Ricordiamoci comunque che quella degli NFT è una categoria enorme, è come dire “oggetti”. Ci sono gli NFT “di lusso” che fanno notizia perchè sono venduti a centinaia di migliaia di dollari, e generalmente sono pezzi da collezione o pezzi fatti da artisti noti… e poi ci sono gli NFT normali, che non fanno notizia ma sono una vera e propria rivoluzione. Ovviamente questi NFT non hanno senso sul Protocollo, dove i costi per mandarli da un account all’altro rasentano ancora i 10$; i suoi layer2 invece nascono proprio per questo (qui i costi sono di qualche centesimo, ma scenderanno ancora come il Sommo ha predetto).
Gli NFT oggi sono sempre di più brani musicali, oggetti/personaggi/terre usabili in un videogioco, tessere di abbonamenti, piccoli collezionabili scambiabili (figurine/carte da gioco), e di tutto di più. Presto le vostre pubbliche amministrazioni metteranno i loro database su chain, e allora tutte le vostre proprietà – dalla casa all’auto – avranno il corrispondente NFT. Così come gli esami che fate, la vostra cartella sanitaria eccetera. Le zero knowledge assicureranno la privacy (potrete dimostrare di essere i proprietari di qualcosa senza che gli altri sappiano tutti i dati). Pagare le tasse, avere i referti, in pratica qualunque operazione sarà un gioco da ragazzi. Certo servirà uno Stato efficiente, quindi voi italiani scordatevelo prima di una decina d’anni; siamo convinti che qualche paese nordico invece partirà in fretta con le sperimentazioni.
Poi certo, l’NFT con sopra una scimmia che viene venduto a 200k dollari fa ridere, ma pensare che gli NFT siano solo questo vuol dire non aver capito una mazza! Questo lo diciamo ai detrattori che si fermano ai titoloni per saltare alla conclusione “NFT bolla speculativa”. C’è molto di più dietro
Lunga vita al Sommo Vitalik e al Protocollo. Ogni resistenza è futile. Sarete tutti un nostro layer2.
scusateci, il nostro commento era per l’altro articolo sulla casa d’aste e sugli NFT