Ripple continua ad accelerare nel mondo delle CBDC, le valute digitali delle banche centrali che sono – sempre secondo i dati offerti da Ripple – in fase di test o comunque esplorativa nel 90% dei paesi del mondo. James Wallis, che da Ripple cura i rapporti con il settore istituzionale e con le banche centrali, ha confermato l’impegno dell’azienda a Hong Kong.
Ripple si sta rapportando direttamente con le autorità monetarie della città stato per un progetto pilota CBDC, che riguarderanno anche la tokenizzazione di asset (anche immobiliari) e integrazione tra valute delle banche centrali e DeFi.
Ripple sta tentando diversi approcci, diversi dei quali però potrebbero non prevedere l’utilizzo, neanche come ponte, di $XRP. La cosa ha innescato discussioni infiammate sui principali social network dedicati al mondo delle criptovalute.
Ripple non è mai stato un conglomerato crypto come gli altri. Alle sue spalle c’è una società che non ha mai fatto mistero di essere in primo luogo una società di servizi finanziari, da offrire principalmente alle banche e che ha sempre guardato ad un certo mondo – quello delle banche centrali – con spirito di collaborazione. Cosa più unica che rara nel mondo di Bitcoin e delle criptovalute – e ancora oggi motivo di attrito all’interno delle diverse community che lo rappresentano.
Partendo da questa mission, Ripple sta cercando di mettere un piede anche nel trend delle CBDC, le valute digitali emesse dalle banche centrali che sono già diventate realtà in Nigeria e in Cina e che sono allo studio, sempre secondo Ripple, almeno nel 90% dei paesi mondiali.
Ultimo tentativo è quello con le autorità monetarie di Hong Kong, con le quali starebbe cercando di sviluppare protocolli di lending in pieno stile DeFi che possano integrare al tempo stesso sia asset tokenizzati, sia CBDC. Un progetto tecnicamente interessante, che ci aiuta anche a capire quale potrebbe essere il futuro percorso di Ripple in termini di sviluppo del business.
Non necessariamente e questo è quanto si discute almeno nei circoli che più da vicino seguono le evoluzioni di Ripple e della criptovaluta che controlla.
Sarà questo il fronte da esplorare per chi ha investito in XRP – così come sarà da valutare ogni tipo di potenziale ripercussione positiva sul token nonostante non sia necessariamente coinvolto in tutte le operazioni.
Con queste ultime evoluzioni Ripple si consacra – senza più possibilità di fraintendimenti – come una società di servizi finanziari che ha una tecnologia relativamente distribuita (ma alla quale partecipano pochi e selezionati nodi) e che non disdegna i rapporti con quanto il resto del mondo cripto affronta a viso aperto e con nessuna intenzione di collaborazione: il mondo delle banche private e delle banche centrali.
Quelli di Ripple, con il vento in poppa nonostante una lunghissima causa contro SEC, se ne faranno una ragione. Gli altri continueranno a contestare, in una frattura nata ormai anni fa – alimentata spesso a arte dal marketing di Ripple e della quale, aggiungiamo noi, possiamo iniziare a fare a meno.
Certo è che sarà sempre più difficile produrre materiale di marketing nel quale Ripple si propone come alternativa a Bitcoin. Non lo è mai stata, non lo è oggi e con queste scelte non lo sarà mai. Anche sul piano più schiettamente filosofico.
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