Il Comitato Europeo per il Rischio Sistemico, uno dei tanti enti in seno all’Unione che si occupa di vigilare sui mercati, ha lanciato un allarme sui mercato crypto – e ha invitato chi di dovere a prendersene cura il prima possibile. Obiettivo questa volta è la leva finanziaria nel mondo di Bitcoin e delle criptovalute.
No, non quella che usano gli utenti, che dagli operatori e exchange registrati in Europa non possono accedere che a un misero 1:2. L’allarme è lanciato per i fondi con esposizione verso il comparto, che pur si contano quasi sulle dita di una mano nel continente europeo.
Cosa vorrebbero fare? Limitare la leva finanziaria alla quale potranno accedere investitori strutturati e istituzionali. Questo perché ci sarebbe il rischio, lo dice il comitato stesso, che eventuali ulteriori crolli ingigantiti dalla leva finiscano per contagiare anche gli altri settori dell’economia.
In realtà – e lo diciamo senza timore di essere smentiti dai fatti futuri – le preoccupazioni del pur importante Comitato sembrano essere, numericamente, fuori luogo. Parliamo di un continente, quello europeo, dove i player istituzionali che investono a leva nel mondo crypto sono pochi, pochissimi e muovono volumi così risibili da non riuscire a entrare neanche nelle statistiche di settore. Ma partiamo dal principio.
Il Comitato dell’Unione Europea che si occupa di prevenire eventuali rischi sistemici per l’apparato finanziario ha lanciato un allarme piuttosto preciso: limitare la leva alla quale possono accedere i fondi – limitatamente alle crypto e Bitcoin – affinché si eviti un effetto a cascata sul mondo della finanza vecchia scuola.
Non è chiaro però su che base numerica poggino certe considerazioni e se ci sia effettivamente un rischio contagio. Rischio contagio che comunque non si è palesato durante il 2022, anno che verrà ricordato con ogni probabilità come il peggiore della storia per Bitcoin e crypto.
La questione non sembra riguardare, almeno per ora, gli investitori retail, che almeno in ambito europeo sono già costretti ad un massimo di leva 1:2 e che comunque muovono volumi tali da non costituire preoccupazione anche per il più ansioso dei Comitati.
Difficile a dirsi per ora, dato che i tempi eventuali di intervento del ramo legislativo europeo non sono dei più rapidi. Non è chiaro neanche se la cosa darà il via a discussioni serrate nelle competenti commissioni, dove sarà però piuttosto difficile dimostrare che si tratti di un problema concreto e di una possibilità di contagio reale.
Tutto questo mentre in Europa i privati si danno da fare per imbarcare anche le banche e mentre il settore, forse sordo dall’orecchio degli avvisi dei regolatori, continua a mettere in piedi un’infrastruttura destinata anche agli istituzionali.
Istituzionali che però in Europa, almeno per il momento, non sembrano essere né numerosi né intenzionati a investire nel mondo crypto e Bitcoin grossi capitali.
Di che contagio parla dunque il Comitato? Che sia un’ulteriore preoccupazione creata a arte per attaccare di nuovo i ponti tra vecchia e nuova finanza?
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