Unbanked forse dirà poco a noi europei, ma verrà ricordato almeno negli USA come una delle società crypto che hanno provato a fare da ponte tra sistema bancario tradizionale e utilizzo di Bitcoin e crptovalute. Ne parliamo al passato, perché poche ore fa la società ha annunciato l’interruzione delle sue operazioni, citando questioni legate all’attacco al mondo crypto da parte del regolatore USA.
Oltre a questioni di carattere regolamentare, mancherebbero anche capitali che gli investitori avrebbero promesso senza però mai versarli, in una situazione che lascia intendere problemi di liquidità per un intermediario che stava cercando, dicono, di giocare secondo le regole.
Regole che però sarebbero state, sempre secondo Unbanked, punitive di chi ha deciso di operare con sede negli Stati Uniti rispetto a chi invece ha deciso di stabilirsi offshore. Un altro intermediario – per quanto non fondamentale per il mercato – viene meno. E la situazione negli USA comincia a farsi ormai quasi desertica.
Degli attacchi USA al mondo crypto abbiamo già parlato più volte sul nostro Magazine. Segui il link per trovare tutte le nostre ultime uscite.
Partiamo dal fondo della storia. In realtà si tratterebbe di un potenziale arrivederci. Unbanked, nell’annunciare l’interruzione delle operazioni ha infatti sottolineato come l’arrivo dei capitali che gli erano stati promessi da diversi investitori permetterebbe al servizio di ripartire. Detto questo, analizziamo cosa è successo effettivamente dalle parti di Unbanked – e quali sono le questioni che il servizio ritiene abbiano impattato letalmente sulle sue operazioni.
La prima delle lamentele riguarda il mood dei regolatori USA nei confronti del mondo crypto.
Credevamo che costruire Unbanked negli USA sarebbe stata la decisione intelligente sul lungo periodo. Le altre compagnie però sono cresciute rapidamente offshore, evitando certe regole, mentre noi abbiamo creduto che interagire con il regolatore e seguire i loro ardui processi avrebbero posizionato Unbanked per diventare leader.
Aggiungendo poi:
Sfortunatamente abbiamo poi appreso che questo non sarebbe stato il caso e seguire questo percorso ci ha portato a enormi perdite di tempo e a costi insostenibili.
Sempre secondo quanto viene riportato da Unbanked, i regolatori USA starebbero cercando di impedire a banche e fintech di interagire con il mondo crypto. Una questione che ricorda indirettamente quella di Binance e dei market maker che abbiamo coperto sul nostro magazine e che fa parte del filone Chokepoint 2.0, la supposta operazione del governo USA per isolare il mondo crypto.
Certamente sì. All’interno della lunga lettera che annuncia la chiusura di Unbanked si lascia intendere che di problemi economici ce ne sono diversi.
Tre settimane fa Unbanked ha sottoscritto i termini per un investimento di 5 milioni, che valutava complessivamente l’azienda a 20 milioni. L’investimento ci avrebbe permesso non solo di continuare le operazioni, ma anche di espanderci. Non abbiamo ricevuto quei fondi fino a ora. Siamo ancora ottimisti sul riceverli. Se li riceveremo, Unbanked tornerà a operare e saremo più forti che mai.
Nel frattempo però i clienti vengono invitati a prelevare denaro e crypto il prima possibile. Non dovrebbero esserci problemi, dato che Unbanked conferma la presenza dei fondi dei clienti 1:1.
I prelievi saranno ancora attivi per 1 mese, ma l’invito di Unbanked è di avviare il prima possibile le operazioni di prelievo.
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