Quello che abbiamo ribattezzato come il grande malato crypto taglia un altro ramo secco del suo business in difficoltà. Digital Currency Group – che tra le altre cose gestisce il più grande fondo Bitcoin al mondo – ha deciso di interrompere le operazioni della sua piattaforma di trading dedicata ai clienti istituzionali.
Una notizia nella notizia, per chi sa leggere tra le righe: le cause citate sono la crescente pressione da parte del regolatore USA e il prolungamento di un bear market che ora sta avendo effetti più sui volumi che sui prezzi delle principali criptovalute.
Questioni che – come abbiamo raccontato poche ore fa sul nostro Magazine – stanno facendo pagare un prezzo enorme a diversi operatori, molti dei quali, come abbiamo anticipato, potrebbero scegliere la chiusura delle attività prima di diventare insolventi.
Parliamo di DCG come grande malato perché le questioni del mondo crypto e Bitcoin che incrociano l’azienda sono diverse. Partiamo però dal fatto che è andato maturando oggi.
Il grande conglomerato del mondo crypto ha deciso di interrompere le attività di TradeBlock – almeno secondo quanto è stato riportato da Bloomberg, che cita fonti interne informate dei fatti.
A chiudere è una delle divisioni gestite da Digital Currency Group, che si occupava esclusivamente di offrire una piattaforma per il trading di criptovalute per i clienti istituzionali.
Le cause sono le stesse che abbiamo sentito citare per altre chiusure eccellenti e riguardano da un lato il prolungamento del bear market, dall’altro invece pressioni di carattere legale negli Stati Uniti, pressioni agitate e messe in pratica dalle principali agenzie che si occupano di mercati.
A mancare ormai da aprile – dopo che il fuoco di paglia del primo trimestre 2023 aveva fatto credere altrimenti – sono volumi sostanziosi che possano alimentare gli introiti degli operatori.
I volumi di maggio potrebbero chiudersi con il dato più basso dal 2020, lasciando agli operatori che hanno resistito alla prima ondata di bear market una torta sempre più piccola da dividersi.
In molti si stanno lamentando di una crescente difficoltà ad avere accesso a liquidità e capitali della finanza tradizionale. Questo sarebbe una conseguenza di pressioni dei regolatori e anche della chiusura di diversi istituti bancari che offrivano una sorta di ponte, su tutte Silvergate e Signet.
Nessuno sembrerebbe essere sembrato in grado di occupare il vuoto lasciato da questi operatori, contribuendo così ad un aggravarsi di una situazione già non particolarmente rosea.
Tra poco Digital Currency Group non avrà più a disposizione tempo per far fronte a certi obblighi nei confronti di Genesis, una controllata del gruppo che si trova a affrontare una procedura fallimentare.
I creditori sono da tempo su tutte le furie – e tra questi ci sono importanti player del mondo crypto – e tutto lascerebbe intendere che in assenza di un salvatore esterno le cose possano farsi a breve molto più complicate.
Ad essere oggetto di particolari speculazioni è il Trust Bitcoin gestito dal medesimo conglomerato, che ha oltre 630.000 Bitcoin a bilancio e le cui quote continuano a essere scambiate sotto il 42% rispetto al MAV che rappresentano.
Una situazione che non sembrerebbe promettere nulla di buono per un conglomerato storico del mondo Bitcoin e crypto, che molti però vorrebbero vedere presto in tribunale.
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