State pianificando un viaggio in quel paradiso di Bali? Occhio però a pagare in criptovalute, perché secondo quanto affermato dal governatore Wayan Koster – riportato da Channel News Asia – i turisti che utilizzeranno Bitcoin e crypto per i pagamenti di hotel, ristoranti e altri tipi di attività potrebbero essere addirittura deportati.
Una notizia che sta facendo il giro del mondo e che ci ricorda come la situazione dei pagamenti in crypto sia ancora diversa da paese a paese – e spesso anche all’interno di paesi che compongono la stessa area geografica.
Il tutto in un paese, l’Indonesia, dove sono tecnicamente proibiti tutti i pagamenti che non siano in valuta locale – cosa che a quanto pare non comprenderebbe le criptovalute maggiormente utilizzate. Retaggi del passato a tutela della propria divisa nazionale oppure nuovo attacco alle cripto? Vediamo cosa ha detto il governatore e che tipo di conseguenze potrebbe avere per i turisti che eventualmente dovessero ignorare l’avviso.
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Le criptovalute stanno vivendo un momento di relativa popolarità come mezzo di pagamento, in particolare nelle località turistiche più esotiche – dove il cambio in valuta locale può essere costoso e talvolta anche complicato. Se pensavate di affidarvi alle cripto per la vostra prossima vacanza forse sarebbe il caso di ripensarci. Il governatore di Bali ha infatti confermato che non è possibile pagare in criptovalute o Bitcoin nella regione e che i turisti che dovessero contravvenire a tale regola potrebbero passare un brutto quarto d’ora, con la vacanza che finirebbe per ovvie ragioni anzitempo.
I turisti che si comportano in modo non appropriato, che svolgono attività che non sono permesse dal loro visto, che usano le crypto come metodo di pagamento e violano altre provisioni… saranno oggetto di interventi rapidi.
Così si apre il discorso di Wayan Koster, che è governatore di Bali e che ha parlato anche alla presenza del capo della polizia locale. E ha poi aggiunto:
Le possibili conseguenze anno dalla deportazione alle sanzioni amministrative, fino a reati penali e alla chiusura delle attività.
Ce ne sarebbe dunque anche per le attività locali che dovessero accettare tali pagamenti. Ma di che pene amministrative parliamo? Secondo quanto riportato dallo stesso governatore, per chi utilizza valute che non siano la rupia indonesiana c’è il carcere fino a un massimo di 5 anni e una multa fino a circa 11.000€ (chiaramente in valuta locale).
Ci sono poi le pene per chi fa scambio valutario senza avere un’autorizzazione dalla Banca Centrale: anche qui fino a 5 anni di galera e una multa parecchio alta.
No, ma comunque non possono essere utilizzate come metodo di pagamento. Vi è relativa libertà di acceso a Bitcoin e al resto del mercato come strumento di investimento, ma non per altro.
Recentemente un altro governatore regionale dell’Indonesia, Ridwan Kamil di West Java, aveva invece dichiarato massima apertura nei confronti di Bitcoin, comparendo anche durante la kermesse di Miami in compagnia di Samson Mow. Chissà in che direzione si muoverà l’Indonesia – con qualcosa che sembrerebbe voler prendere una direzione diversa rispetto ai desiderata del governatore di Bali.
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