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Elon Musk si difende da accuse | Dogecoin non sono suoi

Per quanto sottotraccia almeno rispetto a ben più importanti procedimenti, sta andando avanti anche la class action contro Elon Musk, accusato di aver pompato e poi affondato il prezzo di Dogecoin più volte nel corso della sua breve ma intensa esistenza. Una causa però che sembrerebbe aver già iniziato a scricchiolare, almeno secondo il punto di vista degli avvocati di Musk.

L’accusa si basa principalmente sull’idea – tutta da dimostrare – che dietro certi importanti wallet ci sia appunto Elon Musk. Dimostrazione non solo difficile, ma a quanto pare ancora in alto mare per l’accusa, che non avrebbe alcun tipo di indizio se non le tempistiche di certe vendite. Forse troppo poco per ottenere un risarcimento in tribunale.

Nel frattempo della questione si è occupato già per iscritto uno degli avvocati di Elon Musk, Alex Spiro, che ha rispedito al mittente le accuse verso il proprio cliente – per una class action che, come vi avevamo anticipato, già quando ne fu data prima notizia, non sembra avere granché dei meriti.

Dal logo di Twitter a vendite… chirurgiche. Ma dietro c’è davvero Elon Musk?

L’accusa, la ricordiamo per chi non avesse seguito la vicenda dall’inizio, riguarda le vendite di ingenti quantità di Dogecoin che secondo un gruppo sparuto di investitori in $DOGE sarebbero state effettuate da Elon Musk.

Elon Musk avrebbe dunque prima aumentato il prezzo di Doge grazie all’inserimento del popolare meme al posto del classico logo di Twitter e poi ne avrebbe, sempre secondo l’accusa, approfittato per liberarsi (con dei discreti guadagni) di porzioni di $DOGE. L’avvocato di Elon Musk tuttavia non sembrerebbe pensarla così.

Voi state sostenendo, senza basi, che questi wallet appartengono al mio assistito [Elon Musk, NDR]. Vi sbagliate. La base delle vostre dichiarazioni è che questi wallet hanno venduto Dogecoin quando il prezzo era alto.

In poche parole non ci sarebbero prove di alcun tipo, se non appunto il fatto che i wallet in questione siano stati tra quelli che hanno scaricato a mercato i token quando il prezzo si è fatto più interessante.

Elon Musk davvero al centro di un pump & dump?

Per ora, con le prove che la class action è riuscita a mettere insieme, verrebbe da rispondere di no. Non sembra ci siano collegamenti dimostrati tra i suddetti wallet e il capo di Tesla e di Twitter.

In aggiunta, certi movimenti in concomitanza del rialzo dei prezzi, soprattutto se consistente, sono più che comuni e non significano nulla in termini di proprietà dei token venduti.

Che sia una class action che cercherà di spuntare anche molto meno di quanto richiesto inizialmente – e di regalare un po’ di pubblicità agli avvocati coinvolti? Certo, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

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Klaus Marvin
Klaus Marvin
1 anno fa

Elon Musk sarà disonesto ma non scemo. Pensate che i Wallet che hanno venduto Doge ai massimi beneficiando dell’insider trading attuato da Musk siano riconducibili a lui? Dalla causa non otterranno nulla a meno che qualche testa di legno non sia stata risarcita abbastanza ma non credo si verificherà.

jacopo
jacopo
1 anno fa

‘sto mondo mi fa proprio ridere alle volte. Musk sostituisce l’uccellino di twitter con il cane di doge e sostiene di non aver nulla a che fare con pump&dump. Noooo certo, lui poverino non aveva idea che il prezzo sarebbe schizzato in alto. Soprattutto perchè poi non ha fatto seguire assolutamente nulla alla mossa, tipo integrare pagamenti con doge in Twitter: è stata solo una boutade fine a se stessa. O meglio, fine a far salire il prezzo, a beneficio di amici & parenti.

PS noto che è cambiata nuovamente la vostra policy sulle sponsorizzazioni