La questione dovrebbe far riflettere forse coloro i quali chiedono sempre a gran voce l’intervento delle autorità, perché questo non è detto che sia sempre a favore degli utenti che sono stati truffati. O meglio, non lo diventa più nel momento in cui le autorità di muovono o con troppo anticipo o con troppo ritardo. Le due storie parallele di questo incredibile giugno sono storie arrivate o troppo presto (e senza motivo) o troppo tardi, quando i buoi erano ormai, metaforicamente, fuggiti dalla stalla.
Da un lato gli attacchi a Coinbase e Binance, dall’altro il proseguimento delle procedure fallimentari di FTX, che sarebbero costate nel giro di tre mesi sono costate 121 milioni di dollari. Sì, centoventunomilioni/00, se mai qualcuno dovesse prendersi la briga di scriverlo sopra un vecchio assegno.
Di soldi di chi? Di soldi che sarebbero potuti finire nei rimborsi degli utenti, decine di migliaia di malcapitati che a questo punto, con ogni probabilità, non vedranno più un dollaro di quanto depositato. Anche per questioni che con i costi degli avvocati non c’entrano nulla.
È più che ragionevole invocare l’intervento di quello che è il monopolista della forza quando siamo davanti a casi come quello di FTX, exchange che si è liquefatto nel giro di 48 ore lasciandosi dietro miliardi di dollari di buco. Buco tutto ai danni degli utenti, che fatta eccezione per quelli in Europa e in Giappone, probabilmente non vedranno mai restituirsi quanto depositato.
La notizia della settimana a riguardo è che tra spese e parcelle, si sono spesi di media 40 milioni di dollari al mese nei 3 mesi passati, ovvero più di un milione di dollari al giorno. Nessuna intenzione, la nostra, di fare i conti in tasca agli avvocati, agli studi legali e agli specialisti che stanno seguendo un caso intricatissimo.
Ma verrebbe anche da chiedersi se siano necessarie spese del genere, che per un terzo sono finite nelle tasche dello stesso studio che aveva convinto Sam Bankman-Fried a firmare il Chapter 11 e a passare il testimone. A pensar male, diceva un noto politico italiano, si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.
Per quanto siano situazioni ovviamente diverse, il pessimo tempismo del potere finisce per far pagare sempre gli stessi. L’intervento a gamba tesa verso Binance e Coinbase ha per ora sortito due effetti:
BNB non ha ancora recuperato i livelli pre-denuncia, così come non lo hanno fatto diverse delle criptovalute che sono state inserite nelle denunce di SEC e che dall’agenzia sono considerate come security. E a rimetterci sono stati principalmente quei piccoli investitori che le avevano in portafoglio.
Certamente le mosse recenti di Blackrock con il suo ETF e di Deutsche Bank per la custodia erano state pensate da tempo e non sono state soltanto una reazione ai problemi degli exchange crypto-native. Tuttavia il tempismo rimane estremamente sospetto. Ciò che è poco sospetta è la possibilità che i problemi causati da SEC al mondo crypto finiscano per favorire un’ascesa probabilmente programmata da tempo.
E la domanda sul chi favorisca e protegga chi non può che tornare di estrema attualità.
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