I mercati asiatici hanno gli occhi del mondo crypto puntati addosso. In primo luogo perché è da qui che potrebbe partire una nuova spunta positiva per i mercati, almeno secondo una certa narrativa. In secondo luogo perché è qui che sta cambiando molto anche in termini di regolamentazione.
A Hong Kong si è tornati ad offrire trading anche ai piccoli investitori retail, per quanto su un numero limitato di criptovalute – e alle grandi manovre troviamo anche Singapore, Thailandia e Giappone, con la città stato che ha preso delle decisioni molto rilevanti per la future operatività degli exchange nel suo paese.
La questione servizi accessori degli exchange – che abbiamo affrontato anche sul nostro Magazine – continua a rimanere centrale, in particolare in una fase di mercato dove i volumi sono così bassi da compromettere quanto arriva dalle commissioni sulle transazioni. E quanto deciso da Singapore potrebbe scoperchiare un vaso di Pandora che potrebbe causare non pochi problemi agli exchange.
Singapore: stop a lending e staking presso gli exchange
Il MAS, quella che è la banca centrale di Singapore, ha introdotto una nuova serie di regole che impegneranno gli exchange che vogliono operare nel paese. Alcune sono di carattere operativo e puntano a migliorare la sicurezza dei fondi dei clienti, altre invece imporranno delle limitazioni importanti a quanto gli exchange possono offrire nel paese.
- Fondi dei clienti presso un trust
Ovvero verso istituzioni finanziarie a statuto speciale, che devono mantenere riserve 1:1 e che non possono prestare gli asset dei clienti. Singapore vuole che si ricorra a questa soluzione per i depositi dei clienti degli exchange che operano nel paese. Una soluzione che sarebbe stata maturata analizzando il caso FTX, ma che probabilmente non tiene conto del fatto che anche i trust possono vivere difficoltà, cosa recentemente accaduta a Prime Trust.
- Stop a servizi che offrono rendimenti
Senza, a quanto parrebbe, stabilire alcuna distinzione tra prestiti e staking. Gli exchange, secondo le nuove regole, non potranno in alcun modo offrire servizi ai clienti che prevedano dei ritorni percentuali.
Quindi via lo staking per interposta persona, via anche i programmi in stile Earn che sono offerti da exchange come Crypto.com o Binance.
Situazione complicata per gli exchange?
I volumi che passano da Singapore, almeno per i piccoli investitori retail, non sono poi così fondamentali per il buono stato di salute degli exchange. Tuttavia si tratta di un trend che ormai ha colpito diversi paesi (la Thailandia ha scelto in senso simile poco tempo fa) e che Gensler di fatto vorrebbe introdurre anche negli USA.
SEC infatti ha già contestato a Kraken l’offerta di servizi di staking, che per l’agenzia sono security e dunque andrebbero registrati.
Una situazione che si fa a nostro avviso molto complicata per gli exchange in diverse giurisdizioni, sia in termini di ritorni persi, sia perché i servizi che potranno offrire paese per paese saranno sempre più frammentati.
Se per i prestiti, che altro non sono che titoli di debito, si può anche ritenere ragionevole questa mossa, difficile trovarci un senso per lo staking, che in realtà è un servizio di carattere tecnico che gli exchange offrono, come fanno anche i delegati.