Tentativi di normalizzazione nel mondo degli stablecoin. Arriva Bluechip, una no-profit che vorrebbe proporsi come agenzia di rating – ovvero un’agenzia che dopo aver analizzato diversi fattori legati alle criptovalute ancorate alle valute classiche offra punteggi sintetici e analisi sulla loro stabilità.
Più o meno quello che avviene nel mondo del debito sovrano e del debito corporate per mano di Moody’s, Fitch e S&P. Ma quanto ha senso che questo avvenga nel mondo degli stablecoin? E quali sono le metodologie applicate? Ci sono informazioni che possono essere utili per gli utenti finali?
Gli stablecoin sono la pietra angolare sulla quale poggia tutto il mondo crypto – qui sul nostro Magazine spieghiamo in dettaglio il perché – ed avere più trasparenza sarebbe certamente utile. Sulla metodologia però, che analizzeremo in questo approfondimento, si potrebbe anche nutrire qualche dubbio.
Bluechip si presenta come agenzia indipendente, no-profit, per il rating degli stablecoin. In altre parole vorrebbe valutare quali siano i più sicuri, partendo da una metodologia comune e per quanto possibile scientifica.
Il nostro obiettivo è di aiutare ogni tipo di utente, dalle persone che vogliono detenere stablecoin per la prima volta agli utenti classici, agli esperti che gestiscono tesoriere importanti. I nostri rating sono basati sul nostro miglior giudizio per ciascuno dei fondamentali del rating degli stablecoin, e mentre questi fondamentali si aggiornano, così si aggiornano anche i nostri rating.
Il punto è chiaro: l’idea è quella di stimare l’affidabilità di un determinato stablecoin utilizzando dei criteri definiti fondamentali – che sono riportati, seppur in assenza di dovizia di particolari, sul sito.
I fattori coinvolti sono diversi e sono riassunti nel framework di Bluechip presente sul sito ufficiale.
Se liquide e stabili come cash o bond governativi, oppure se instabili come possono essere le criptovalute o gli asset finanziari classici esclusi i bond governativi.
Se tramite riserva, se algoritmica, se legata a sistemi di arbitraggio o altro.
Il problema segnalato da Bluechip è la possibilità che asset a sostegno dello stablecoin diventino irrecuperabili, se siano onchain o offchain, etc.
Sono separati dai fondi propri dei gestori? Oppure sono oggetto di commistioni non sempre chiare?
La possibilità di intervento del gestore, che potrebbe avere un patrimonio tale da intervenire in assoluta sicurezza nel caso di problemi per lo stablecoin. È uno dei punti che, pur elencati, per ora non fanno parte della classifica.
Per quante volte è stato perso il peg con la valuta di riferimento? Quanto di frequente? Quanto sono ampie certe deviazioni? E la volatilità daily?
I membri del team sono conosciuti? L’idea – probabilmente condivisibile per certi tipi di operazioni – è che in realtà avere dei membri che siano riconoscibili sia una questione positiva. Si guarda anche al team e a possibili comportamenti passati non trasparenti, alla presenza o meno di incentivi che allineino le fortune dei fondatori con quelle del token.
Sono presenti degli audit? Sono stati svolti dei test? Chi ha accesso admin? Ci sono state vulnerabilità sfruttate da hacker in passato?
Che per gli stablecoin con riserva – dice il paper – non è cruciale. I token sono potenziale oggetto di interesse dei regolatori? Ci sono rischi di custodia? Che tipo di collaterale utilizzano? Quali sono i meccanismi di decisione?
Dalla protezione di chi detiene alla riserva delle verifiche, al processo delle conversioni in dollari o euro. Vengono analizzati anche eventuali sistemi di voto e di protezione dei meccanismi di governance.
Ci sono già i primi risultati dei rating – e lasceranno certamente di stucco diversi dei nostri lettori.
STABLE | RATING |
---|---|
BUSD | A |
LUSD | A |
PAXG | A |
GEMINI DOLLAR | A |
PAX DOLLAR | A- |
USDC | B+ |
XSGD | B+ |
DAI | B+ |
C’è poi una seconda metà della classifica che vede diversi dei protagonisti del mondo crypto e dei mercati riportare dei punteggi estremamente bassi.
STABLE | RATING |
---|---|
TETHER GOLD | D |
TETHER USDT | D |
EURO TETHER | D |
TRUEUSD | D |
USDD | F |
Ci sono diversi fatti che colpiscono, almeno a nostro avviso, in una classifica punitiva in primis per gli stablecoin che operano con società extra-USA.
Di cui pochi dei nostri lettori avranno sentito parlare. Progetto interessante perché completamente “automatico”, per quanto anche nella scheda si sottolinei come gli oracoli e gli smart contract che animano progetti di questo tipo siano rischi che non possono essere eliminati. Premiata la collateralizzazione completamente onchain.
Curioso che lo storage, ovvero dove vengono detenuti i fondi da USDC, venga considerato come di prima fascia. Soltanto poche settimane fa USDC ha vissuto un forte depeg dato che una parte considerevole delle sue riserve era detenuta presso una banca che è poi fallita. Se non ci fosse stato l’intervento del governo USA – non dovuto e extra-legem – l’intero ecosistema non sarebbe probabilmente mai tornato in parità con il dollaro USA.
Le contestazioni che vengono fatte a Tether sono diverse.
PROBLEMI CON LO STATO DI NEW YORK: ormai noti, ormai risolti. Questione del passato che pesa nel sistema di rating messo a punto da Bluechip.
NOMI DELLE BANCHE: Tether ha un certo grado di riservatezza per quanto riguarda i suoi partner bancari. Situazione non ideale? Probabilmente sì. È altrettanto vero che il pericolo che i suoi partner bancari siano oggetto di indebite attenzioni da parte delle autorità.
FATTORI POSITIVI NON CONTEGGIATI:
Ci sono poi due fattori che giocherebbero a favore della solidità di Tether che però – per stessa ammissione di Bluechip, non sono attualmente conteggiati.
Il primo è quanto chiamano Financial Backstop – ovvero la presenza di risorse terze che potrebbero essere utilizzate in caso di problemi per lo stablecoin. Gli ultimi dati trimestrali su Tether dimostrano che lo stablecoin ha accumulato profitti importanti – che in parte verranno investiti in Bitcoin – e che altri progetti possono soltanto, per il momento, sognare. Conteggiare questo fattore farebbe la differenza rispetto a quasi tutto il panorama presentato da Bluechip.
Il secondo fattore è la liquidità secondaria, ovvero quanta sia la liquidità su progetti onchain che permetta di scambiare Tether con altri stablecoin oppure con altre crypto. Anche qui farebbe, probabilmente, il ruolo del leone.
I risultati – almeno in questa prima tornata – ci sembrano ampiamente migliorabili, tanto quanto la metodologia.
Non siamo – ma ci torneremo in un futuro speciale – perfettamente d’accordo con il peso specifico attribuito a certe questioni, cosa che, almeno per il momento, restituisce rating difficili da prendere, sempre a nostro avviso, per buoni.
Vedremo se e quanta trazione otterrà Bluechip.
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In meno di un anno USTC tornerà ad essere protagonista! Quella classifica verrà rivista ;-)