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CONTI SERVA TETHER FUD

Ancora FUD su Tether | I conti per capire chi ha ragione

Si può criticare Tether, ma bisognerebbe farlo con cognizione di causa. L'ultimo editoriale comparso su Coindesk invece...

In molti ritengono il FUD che periodicamente colpisce Tether un segnale inequivocabile di forza del mercato. Altri forse saranno annoiati dall’ennesimo giro di allarmi a nostro avviso campati in aria.

Dato che però il recente editoriale a firma di George Kaloudis su Coindesk potrebbe favorire il ritorno di certe preoccupazioni, sarà il caso di analizzare quanto affermato, controllare se ci sia del vero e cercare di capire anche come funziona, almeno in parte, la struttura finanziaria di Tether.

Agli stablecoin e al loro funzionamento finanziario abbiamo anche dedicato uno speciale sul nostro Magazine – che dovrebbe aiutare i meno esperti a navigare un mare forse complicato, ma non impossibile da comprendere.

Altre accuse a Tether: dovrebbe detenere più cash

Il fulcro del lungo lungo editoriale di George Kaloudis è questo: Tether sta guadagnando parecchio (anche se si dimostra scettico sui numeri) e quel denaro dovrebbe essere conservato in forma di cash e non investito in titoli.

Da questo breve riassunto le preoccupazioni del Kaloudis potrebbero anche sembrare fondate, se non fosse che mancano all’appello diverse considerazioni sulla tipologia di titoli che in realtà Tether ha in cassa. Ma andiamo con ordine.

Una delle cose più assurde del mondo crypto oggi sono i profitti trimestrali di Tether. Una società conosciuta tanto per le controversie che la circondano quanto per il suo stablecoin leader di mercato – che ha circa 60 dipendenti e profitti superiori al miliardo. Onestamente, sull’unghia, non posso crederci. In nessun modo. Tuttavia nonostante la lunga storia di mezze verità e di complete bugie dichiarate dalla società, non c’è nessuna ragione reale per non credere a questi numeri.

L’apertura dell’editoriale, per quanto non sia nostra intenzione fare il processo alle intenzioni, la dice già lunga sul tenore del resto dell’approfondimento. Non ci sono ragioni per non credere a quei numeri, tuttavia Kaloudis stenta a crederci.

I profitti di Tether hanno senso contestualizzandoli con la quantità di Treasuries che detiene. I tassi di interesse sono aumentati durante l’ultimo anno e il business di Tether chiaramente ne trae benefici. I Treasuries con scadenza mensile offrono rendimenti di 5.387% in questo preciso istante. USDT non offre rendimenti. Tether intasca la differenza. Se hai miliardi in Treasuries, sei seduto su una gallina dalle uova d’oro.

Lo stesso Kaloudis, poche righe dopo, è costretto pertanto a individuare il business model di Tether, che in realtà non è segreto per nessuno – dato che sono arrivate attestazioni indipendenti sulla quantità di Treasuries del governo USA detenute dal gruppo.

Di che tipo di titoli si tratta? Sono debito pubblico USA a brevissima scadenza – meno di 3 mesi – e data la svolta restrittiva delle politiche monetarie USA, oggi hanno rendimenti molto interessanti. Tether, che ne ha in cassa per 72,5 miliardi, sta guadagnando oltre il 5% su base annua su quella cifra.

Il conto, elementare anche per chi non ha frequentato le scuole al primo banco, è il seguente: Tether sta incassando il 5,3 di quei 72,5 miliardi su base annua. Il conto lo abbiamo fatto noi per voi: 3,84 miliardi di dollari. Diviso per 4 trimestrali sarebbero 960 milioni per trimestre. Soltanto dai Treasuries in portafoglio.

Tether ha poi altri titoli, tra money market funds e reverse repo e altri strumenti considerati da tutti, non solo dai fan di Tether, come cash like, ovvero equivalenti alla liquidità pura.

Con questi strumenti capire come si sia arrivati al miliardo non dovrebbe essere difficile. E infatti non lo è neanche per Kaloudis, che conferma quanto abbiamo scritto poco sopra, pur esimendosi dal fare di conto.

L’arcano che non lo era

L’idea: detenere più cash

L’idea centrale indicata da Kaloudis è la seguente: al posto di Tether deterrebbe più cash e meno titoli, per quanto questi titoli siano per sua stessa ammissione considerati cash like, ovvero equivalenti pressoché 1:1 alla liquidità pura.

In altre parole Tether dovrebbe rinunciare a rendite superiori al 5% su titoli molto sicuri. E dovrebbe farlo perché l’editoriale indica come memento mori il caso SVB, con la banca che – secondo analisti esuberanti – avrebbe guadagnato la via dei tribunali in quanto troppo esposta su titoli di debito USA che poi hanno perso valore sul mercato secondario.

Qui andrebbero messi dei puntini sulle proverbiali i: quanto detenuto da Tether è strutturalmente diverso dal portafoglio di SVB; i titoli sono a brevissima scadenza e non dovrebbero avere problemi di liquidità.

Altra questione: tali titoli non possono svalutarsi a velocità record. E se dovessero farlo saremmo, tutti, in guai molto più grossi rispetto alla possibile di insolvenza di Tether.

Un, come lo chiamano gli americani, nothingburger, che per coincidenza è stato dato alle stampe digitali (non riteniamo che ci sia un collegamento) quasi in concomitanza con un attacco a Tether poi rientrato, e che ha spostato per tempi molto brevi e di pochi punti base la parità tra USDT e Tether.

Per quanto anche da queste parti si sia fan del trust no one, del non fidarsi di nessuno se non di se stessi, le accuse che poi non lo erano rimangono, a nostro avviso, poco sul pezzo e poco utili a chi legittimamente si preoccupa per lo stato di salute dell’ingranaggio fondamentale del mondo crypto.

Sì ma Tether sta investendo anche in Bitcoin, che è volatile

Anche qui i numeri possono darci una mano. Tether aveva annunciato un piano di acquisto di Bitcoin fino al 15% dei profitti conseguiti in un determinato periodo.

Bene: tali acquisti ci sono stati, per 44 milioni circa su oltre 1 miliardo di profitti. Ovvero, se i nostri conti non fanno difetto, il 4,4% dei profitti – non delle riserve. Mossa troppo rischiosa? Giudicate voi.

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