Discutere della possibile intersezione tra blockchain e intelligenza artificiale – in particolare di quanto va al di là degli stimoli esclusivamente speculativi – è utile per capire come potrebbero muoversi i due settori nel futuro di breve, medio e lungo periodo.
In diversi tra i personaggi più noti dell’ambiente si sono affrettati a dichiarare il matrimonio impossibile. Altri invece hanno preferito cavalcare l’onda.
C’è però bisogno di opinioni anche moderate, possibilmente intelligenti, sulle quali riflettere per valutare in modo concreto in che termini questi due mondi potrebbero venire a contatto.
Dominic Williams – a capo di DFINITY Foundation (maggior contributore allo sviluppo Internet Computer) – ha recentemente pubblicato un editoriale che parla di uno degli aspetti, e delle possibili intersezioni, più interessanti per il futuro che avremo davanti nell’immediato.
Sul banco degli imputati i dati dei quali gli algoritmi di intelligenza artificiale si nutrono e i modelli stessi- che oggi hanno una trasparenza vicina allo zero.
Un problema del quale si parla poco – se non nei circoli degli specialisti – ma che è cruciale per lo sviluppo equo, sano e trasparente di queste tecnologie. Dominic Williams sembrerebbe avere una soluzione.
Il tema dell’intelligenza artificiale è stato sviscerato anche dai media mainstream, che ne hanno parlato però raramente con cognizione di causa.
Quello dei dati di cui tali algoritmi si nutrono rimane, per il momento, il problema più pressante. Un problema certamente più urgente del fantascientifico eventuale take over delle macchine sull’umanità.
Sono dati raccolti spesso con modalità discutibili, manipolabili e segreti. E su tutti questi temi le tecnologie su ledger distribuito o blockchain potrebbero dare una mano.
Attualmente non c’è un modo per validare le fonti dei dati che i modelli di AI utilizzano per il trading, esattamente quali dati sono raccolti dal modello e, per estensione, come quei dati condizionano il modello e la sua accuratezza. Fino a quando non ci sarà un cambiamento radicale nella trasparenza dell’intelligenza artificiale e dell’infrastruttura sulla quale è costruita, gli utenti a qualunque livello non potranno sentirsi al sicuro nell’utilizzo di questi modelli, a causa di una mancanza di fiducia e di uno scetticismo generale.
Questa la premessa dalla quale parte Dominic Williams di ICP – premesse condivisibili e delle quali, tra gli specialisti, si sta già discutendo.
L’intersezione tra intelligenza artificiale e tecnologia blockchain offre sinergie che miglioreranno entrambe le tecnologie e guideranno l’adozione di massa con la loro integrazione.
Avevamo già sentito parlare di integrazione tra AI e mondo della blockchain, seppure fino ad oggi con l’intenzione di cavalcare un trend molto popolare e speculativo (pensiamo ai fondi attivati da Tron). Questa invece è una delle prime volte che c’è una proposta concreta, fattibile e che va a risolvere un problema che esiste.
Attualmente però molte delle blockchain mancano dell’infrastruttura necessaria per supportare i modelli AI a causa della loro limitata potenza di calcolo, mentre l’AI richiede risorse computazionali consistenti e data set. Le limitazioni alla potenza computazionale sono in parte dovute al fatto che la maggioranza delle blockchain non sono pienamente decentralizzate.
Il riferimento, che viene esplicitato successivamente, è quello alle tante blockchain che si appoggiano a servizi cloud web2 come AWS di Amazon o Google Cloud, colli di bottiglia che non permettono alle blockchain di supportare ecosistemi complessi (e esigenti sul piano delle risorse) come quelli dei modelli dell’intelligenza artificiale.
La soluzione potrebbe essere – afferma Dominic Williams – quella di appoggiarsi ad infrastrutture effettivamente decentralizzate che possono superare per performance quanto offerto dai servizi cloud.
Una blockchain completamente decentralizzata come quella di Internet Computer, il network che ho aiutato a costruire e che offre capacità computazionale che è uguale o supera quella dei cloud Web2, permetterà ai modelli AI di girare completamente dentro smart contract. Questo renderà i parametri di training e gli input non solo open source, ma anche resistenti alle manomissioni.
ICP dunque come possibile soluzione per un matrimonio che in molti ritenevano infattibile proprio per le limitazioni di cui sopra, che secondo Dominic Williams sarebbero invece superabili tramite il ricorso ad un’infrastruttura pienamente web3, effettivamente decentralizzata e quindi in grado di costruire quella fiducia necessaria affinché questi modelli diventino davvero di largo consumo.
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