Gli attacchi a Tether sono esagerati, anche se difficilmente lo stablecoin più popolare al mondo sarà con noi tra tre anni. Non è opinione nostra, ma di Nic Carter, uno dei personaggi più in vista del mondo Bitcoin e crypto – nonché general partner da Castle Island Ventures. Carter preferisce USDC – cosa di cui non ha mai fatto mistero – e ha prodotto in un recente episodio del podcast targato Blockworks, un’analisi che farà venire i brividi a tanti investitori.
Siamo andati a raccogliere anche la risposta di Paolo Ardoino, CTO e volto pubblico di Tether – che ha poi sottolineato come in realtà Tether si sia dimostrato più resiliente delle alternative dalle quali Nic Carter sembrerebbe essere maggiormente convinto.
Tutto questo all’interno di una sorta di guerra fredda tra stablecoin che è uno degli aspetti più importanti per il mercato crypto – e che continuerà ad essere al centro degli sviluppi di questo comparto.
A parlare è Nic Carter, che molti dei nostri lettori conosceranno sia per la sua precedente carriera come divulgatore Bitcoin, sia per i suoi più recenti alterchi con i cosiddetti Bitcoin Maxi, che si sono trascinati per diversi mesi e che hanno causato un’ulteriore frattura all’interno della community.
Il primo – e forse più interessante messaggio – di Nic Carter riguarda i cosiddetti Tether Truthers – il relativamente folto gruppo di persone e di account Twitter che da sempre bersagliano Tether con sospetti raramente fondati.
Mi piacerebbe vederli analizzarsi e riconoscere che si sono sbagliati.
E riguardo alla teoria che vedrebbe Tether come stablecoin senza riserve adeguate rispetto al circolante:
è falsa.
Le parole di encomio per Tether però finiscono qui: Tether avrebbe deliberatamente scelto una strategia di lontananza dagli Stati Uniti – che si sarebbe poi trasformata in uno dei punti di forza più importanti per lo stablecoin, in particolare ai danni di USDC, che invece è negli USA e opera negli USA e che è stata, sempre secondo Carter, vittima della cosiddetta Operazione Chokepoint 2.0 – ovvero la stretta su banche e intermediari che offrivano supporto bancario a USDC.
Teoria certamente suggestiva, anche se i problemi che USDC ha avuto nel corso del 2023 sono imputabili in realtà alle difficoltà di Silicon Valley Bank, difficoltà con le quali la presunta Operazione Chokepoint 2.0 ha poco a che fare.
La teoria bomba di Nic Carter riguarda però il futuro dell’industria. Con una maggiore legittimazione dell’industria stessa negli USA, i player globali e chi opera come banca ombra (il riferimento è a Tether, ma anche a Binance) saranno destinati a essere marginalizzati, in particolare, aggiunge Carter, se USDC riceverà una sorta di benedizione dal regolatore.
Il resto del Podcast si può ascoltare qui – e contiene anche la dichiarazione che abbiamo chiesto a Paolo Ardoino di commentare:
Non credo che [Tether, NDR] durerà per altri tre anni.
Posizione dura, che in altre circostanze avrebbe certamente contribuito a sollevare un polverone e che invece è stata largamente ignorata.
Un altro capitolo della guerra tra Nic Carter e massimalisti, con i secondi che sono storicamente più vicini a Tether?
Criptovaluta.it ha raccolto la risposta di Paolo Ardoino, CTO di Tether:
Se avessi 100 sats per tutte le volte che ho sentito questa frase… Tether ha dimostrato di essere più resiliente delle alternative di cui Nic è fan. La dice lunga sulla sua analisi.
Il riferimento è ai problemi – anche di ancoraggio al dollaro – che USDC ha fronteggiato nel corso del 2023, in particolare successivamente al fallimento di Silicon Valley Bank.
Certo è che la guerra – fredda o tiepida – tra Tether e USDC è lungi dal concludersi. Con Tether che però, nonostante gli strali di Nic Carter – continua a conquistare quote di mercato.
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