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Sam Bankman-Fried ricusa testimoni ucraini | “Campagna d’odio”

Gli avvocati di Sam Bankman-Fried non vogliono far testimoniare utenti ucraini.
1 anno fa
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Il processo a Sam Bankman-Fried sta entrando nel vivo – e ci sarà a quanto pare battaglia testimone per testimone, richiesta per richiesta. L’ultima a far discutere con i giudici il Dipartimento di Giustizia USA e gli avvocati di Sam Bankman-Fried è la possibilità che durante una delle udienze sia ascoltato almeno un testimone dall’Ucraina.

Secondo gli avvocati dell’ex CEO di FTX, si tratterebbe di una mossa che avrebbe come unico obiettivo quello di generare rabbia nella giuria anche nei confronti del proprio assistito e che poco aggiungerebbe ad una situazione dibattimentale già complessa (e già parecchio negativa per SBF).

Non è chiaro come si muoverà il giudice – ma la vicenda è comunque un utile spaccato del tenore della battaglia legale che vedrà impegnato l’ex prodigio del mondo crypto, almeno per una certa parte di politica, e il sistema penale degli Stati Uniti d’America.

Il testimone che non piace agli avvocati di Sam Bankman-Fried

Gli avvocati di Sam Bankman-Fried hanno tirato in ballo il sesto emendamento, che attribuisce agli imputati il diritto di avere un confronto faccia a faccia con uno dei testimoni che potrebbero prendere parte al dibattimento. SI tratta di un emendamento che almeno secondo la lettura offerta dai legali di Bankman-Fried, indicherebbe una chiara preferenza per la presenza fisica del testimone in aula. E cosa c’entra con il processo crypto del secolo?

In ballo c’è la testimonianza di un giovane ucraino, che il Dipartimento di Giustizia vorrebbe far testimoniare da remoto, complici anche le note difficoltà a spostarsi per la popolazione dell’Ucraina. Qualcosa che ad una prima lettura potrebbe sembrare nulla di che, ma che invece racconta uno spaccato importante dei processi negli Stati Uniti.

Gli avvocati di SBF ritengono infatti che la testimonianza del giovane ucraino non sia rilevante per indagare i fatti che hanno portato al fallimento dell’exchange. A loro avviso, infatti, si sarebbe scelto un testimone di questo tipo per cercare di sollecitare rabbia nei confronti del proprio assistito ricorrendo a un tema di grande impatto pubblico.

La testimonianza unica riguardante questo testimone sarebbe di esclusivo riferimento alle circostanze create dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Opinione che però non sembrerebbe essere condivisa dal Dipartimento di Giustizia:

La popolarità di FTX e l’utilizzo diffuso da parte di consumatori diversi in tutto il mondo non è in discussione. Testimonianze da almeno alcuni degli utenti FTX da diverse location, con diversi background e con diverse motivazioni che li hanno portati a scegliere FTX è rilevante per comprendere il vasto reach che FTX ha avuto all’interno della community crypto.

Questa l’opinione del DOJ, che non vede nella scelta di un testimone ucraino uno stratagemma per peggiorare ulteriormente la posizione di SBF di fronte alla giuria.

Per ora pochi particolari interessanti

Per ora dal processo – fatte salve le schermaglie di cui sopra – arrivano comunque pochi particolari. Particolari che però con ogni probabilità inizieranno a affluire una volta che si entrerà nel vivo del dibattimento.

La posizione di SBF sembra compromessa, per quanto diversi analisti legali abbiano già indicato come difficile una condanna all’ergastolo, per quanto gravi appaiano oggi certi capi di imputazione.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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