Dagli analisti di JP Morgan arrivano ormai da tempo delle opinioni discordanti su Ethereum. E se un giorno gli analisti della grande banca d’affari lo ritengono un grande asset sul quale investire, il giorno dopo tornano a sottolinearne i limiti. Limiti che, secondo un report che è stato pubblicato giovedì 5 ottobre, deriverebbero principalmente dal suo passaggio a PoS.
Un passaggio a PoS che, per assurdo, era stato ritenuto attrattivo per gli investitori istituzionali. Questo perché ora $ETH è a tutti gli effetti un asset fruttifero quando messo in staking, cosa che ai grandi investitori, ovviamente, non dispiace.
C’è però un’altra faccia della medaglia: la Proof of Stake ha reso Ethereum molto più centralizzato. E le preoccupazioni per lo strapotere di Lido all’interno di questo contesto sono arrivate anche sulle pagine dei report di JP Morgan che sono destinati agli investitori. Ma cosa sta succedendo? E le preoccupazioni di JPM sono legittime? Puoi parlarne con noi sul nostro canale Telegram, dove oltre alla nostra redazione troverai anche migliaia di appassionati e esperti pronti a discutere degli ultimi movimenti di mercato.
Secondo JP Morgan il passaggio alla Proof of Stake per Ethereum avrebbe comportato un enorme prezzo da pagare per il network. Da quando è stato infatti implementato il Merge, il network sarebbe diventato decisamente più centralizzato. Una preoccupazione in realtà non nuova e che è stata ripetuta anche da alcuni sviluppatori dell’ecosistema.
Molti nella community crypto vedono Lido, una piattaforma di staking liquido decentralizzato, come una migliore alternativa in comparazione con le piattaforme di staking associate agli exchange centralizzate.
Vero, come è anche vero però che la debacle degli exchange è stata dettata anche da interventi di SEC negli USA che hanno definito l’offerta di staking come security e dunque come attività passibile di registrazione. Da qui ne sono conseguite multe per Kraken – 30 milioni di dollari – e cause legali che vedono coinvolto anche Coinbase. Una situazione della quale Ethereum non ha colpe.
C’è un altro problema: quello del potenziale utilizzo dei token che si ottengono tramite staking su Lido come collaterale per prestito o altre attivi.
La re-ipoteca potrebbe risultare in una cascata di liquidazioni se gli asset in stakink perdono valore oppure vengono hackerati oppure ancora sslashati a causa di attacchi o di un errore del protocollo.
Situazione, dice JPM, che avrebbe ridotto l’attrattiva dei ritorni pur importanti dello staking su Ethereum.
Difficile dirlo per adesso, dato che purtroppo anche dalle parti di JP Morgan si cambia idea piuttosto rapidamente. Cambi repentini che sono, almeno a nostro avviso, segnale del fatto che si scriva più per dire qualcosa agli investitori pur non avendone contezza che per dire qualcosa di nuovo.
La situazione dalle parti di Lido, o meglio, dalle parti dello staking Etheruem, è certamente degna di analisi e di attenzione. E forse anche di preoccupazione. Ma è francamente incredibile che certe istituzioni siano passate dall'”all in” su Ethereum grazie allo staking a contestarne le modalità con le quali si è sviluppato.
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