Della narrativa orientale, quella narrativa che vede il Lontano Oriente come prossimo fulcro della bull run, si parla sempre meno. Questo nonostante le iniziative, in particolare legislative, si susseguano ormai a ritmo incessante. Ultima in ordine temporale è quella di Taiwan, paese che vorrebbe vedere – secondo quanto riportato da The Block – il suo nucleo di leggi per le crypto entro novembre.
Scadenza a breve, che segnala la necessità avvertita da Taiwan di dotarsi di un framework che permetta alle società del comparto di operare nel rispetto sia delle leggi locali, sia di quelle internazionali sul trasferimento di capitali.
Non sarà facile, ma è comunque segnale del fatto che se le cose sono in stallo negli USA, questo non vuol dire che altrove non si stiano facendo dei passi da gigante. E, come hanno già mandato a dire diversi specialisti e player del settore, meglio una cattiva legge che, come avviene appunto negli USA, nessuna legge.
Si tratterebbe di una novità certamente importante per Taiwan, che al momento è pressoché sprovvista di leggi, situazione che ha impedito al grosso degli exchange e più in generale degli intermediari di stabilire una presenza rilevante nel paese. L’assenza di leggi pesa anche perché in assenza di un quadro normativo chiaro, sono poche (per non dire nessuna) le banche che sono disposte a offrire servizi alle società crypto.
La situazione dovrebbe cambiare entro novembre: sarà presentata una legge speciale che, seppur con poche possibilità di essere completamente approvata prima del termine di questa legislatura, dovrebbe contribuire a creare un quadro più chiaro.
La cosa servirebbe anche a chiudere il cerchio intorno agli exchange che sono già operativi nel paese ma che non sono ancora compliant con le leggi contro il riciclaggio di livello internazionale e in particolare con quelle che sono state introdotte nel 2021.
Come altrove, uno dei grandi nodi rimane quello delle banche. Gli exchange hanno bisogno di canali da fiat a crypto e viceversa, e le aziende bancarie di Taiwan non sembrerebbero essere granché propense a esporsi verso il settore. Una situazione certamente condizionata dall’assenza di leggi ma che come a Hong Kong forse avrà bisogno di una piccola spinta dal settore pubblico.
Questo almeno se dovesse configurarsi quella situazione di cui molti discutono da inizio anno: se gli USA decideranno di avere poco a che fare con il mondo crypto, ci saranno altri giurisdizioni che proveranno a rendersi crypto friendly e a intercettare almeno in parte gli introiti di questo relativamente nuovo settore.
Sul tema l’Europa sembra essere, pur con qualche mancanza, più avanti. Il MiCA sarà operativo a partire dal 2024 e la situazione dovrebbe normalizzarsi anche sul fronte bancario, situazione che comunque già oggi appare, fatta eccezione per Binance, migliore che altrove.
Sul fatto che Taiwan possa essere la prossima giurisdizione clou per il mondo crypto nutriamo ancora in nostri dubbi. Dubbi che però non abbiamo sul fatto che il Lontano Oriente, per il prossimo ciclo, giocherà un ruolo certamente più importante.
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