Sono diversi i progetti crypto che puntano sul green per guadagnarsi una posizione di assoluto rispetto anche agli occhi degli investitori più attenti. Nonostante quello dei bassi consumi – e del carbon offset – sia in realtà un tema ricorrente, non sarà l’unico a decidere le sorti dei progetti che vi hanno puntato di più.
In termini di marketing diretto e indiretto, riteniamo che siano ICP, Algorand, Polygon e Ripple ad aver puntato di più su questo approccio, con risultati già adesso diversi e che in prospettiva lo saranno ancora di più.
Questa nostra analisi guarderà all’evoluzione nel corso dell’ultimo anno delle velleità (e anche delle concretezze) in ambito ambientale dei principali progetti, anche per capire cosa sta succedendo e contro che tipo di standard dovranno confrontarsi i nuovi arrivati.
Prima di passare al vivo di questa nostra disamina, ci teniamo a fissare un punto: l’aspetto green conta parecchio, e conta principalmente per i più grandi investitori che potrebbero scegliere questo o quel network anche per applicazioni pratiche.
Questo però non vuol dire – e ne parleremo più avanti – che progetti come Bitcoin debbano preoccuparsene. Lo status di BTC è diverso per genetica e per funzionalità al punto tale da dover giocare questa partita su un altro piano.
Ci interesserà vedere quanto stanno facendo gli altri progetti che hanno a buon diritto cercato di cavalcare anche questo aspetto.
Il primo punto, non ce ne vogliano gli appassionati di questo o quel progetto, è che in realtà ci deve essere comunque sostanza quando si parla di green. Non basta lanciare campagne pubblicitarie imponenti indicando il proprio progetto come green (e più green di Bitcoin, sic) per ottenere investimenti, per attirare nuovi membri nella community e per essere scelti dalle grandi istituzioni.
È stato il caso di Algorand, che nonostante abbia spinto parecchio su questo punto, si trova in una fase molto complicata dalle propria vita.
Lo stesso è valso per Ripple che sta vivendo un ottimo momento ma certamente non per certe campagne con l’ambiente al centro.
Discorso diverso per chi sta sviluppando concretamente sul green. Di ICP e della tokenizzazione del ciclo dei rifiuti vi abbiamo parlato pochi giorni fa. Di Polygon che invece compensa le sue emissioni avrete letto anche dalla documentazione ufficiale del progetto.
Continuiamo a ritenere che i bassi consumi vantati da diverse chain non siano più sufficienti a rendere un progetto green e appetibile. Si potrà sempre contestare che i database centralizzati sono più efficienti e che dunque poco conta se un progetto ha abbattuto le emissioni ad esempio rispetto a Ethereum.
Ci sono diverse direttive lungo le quali si potrà sviluppare una sorta di collaborazione tra il mondo più attento al mondo green e il mondo della blockchain:
ICP ha indicato in questo senso la strada. Si può collaborare con società di consulenza o più strettamente vicine al mondo del green per portare servizi onchain che siano efficienti ma soprattutto trasparenti. Per offrire ciò, servono buone infrastrutture e la capacità di costruire soluzioni concrete. Si può fare, Internet Computer lo ha dimostrato, aprendo la strada a collaborazioni che puntino alla soluzione di problemi reali.
Le emissioni possono essere compensate, ma è un impegno al quale dovrà conseguire in futuro anche la nascita di progetti oltre la fase pilot e che possano davvero offrire soluzioni concrete. Non è una mancanza né una contestazione delle stesse, ma l’invito a chi vuole guidare l’ondata green a tema crypto a fare di più.
Altra nota di merito a ICP e Polygon per aver condotto le loro campagne e battaglie green senza invadere il campo di Bitcoin. E non perché questo non sia lecito, ma perché spesso si offre il fianco ad attacchi verso BTC che non hanno poi alcun tipo di base scientifica.
Il Mining Bitcoin è una forza positiva per l’ambiente, anche se questo sarà oggetto di un altro approfondimento.
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