La questione della tassazione delle criptovalute non appassiona solo le autorità italiane, che pur hanno introdotto relativamente di recente un nuovo impianto fiscale per il mondo Bitcoin e crypto. Ora arriva anche OECD, che è riuscita a far siglare una sorta di accordo che sarà operativo dal 2027, che vede coinvolti 48 paesi.
Si tratta del CARF, del quale si era già parlato a marzo 2023 perché fu quella la data del testo definitivo, e che riguarda in larga parte modalità standard per la diffusione di certe informazioni tra i paesi.
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La notizia è stata data da un comunicato congiunto di tutti i paesi firmatari, e riguarda l’accordo siglato sullo Standard per il report delle attività legate alle criptovalute, che ora entra a far parte del CRS. Si tratta di scambi automatici tra i diversi paesi ora anche in ambito Bitcoin e crypto e che è stato raggiunto, in termini di accodo, da 48 paesi.
Il Regno Unito guida questo impegno per combattere l’evasione offshore di tasse sulle criptovalute. Questo vorrà dire che gli exchange dovranno iniziare a condividere informazioni sui contribuenti con le autorità fiscali, cosa che ora non fanno, permettendo così alle autorità fiscali di condividere queste informazioni tra loro.
Questo è il messaggio che è stato rilasciato pubblicamente dalle autorità del Regno Unito. L’accordo ha fissato il 2027 come data ultima per l’implementazione degli standard da parte di tutti i paesi che hanno accettato l’accordo e prevederà anche adeguamenti delle rispettive normative nazionali.
L’accordo, che è stato siglato dai paesi membri dell’OECD, in aggiunta a diversi paesi esterni, come Armenia, Brasile, Bulgaria, Croazia, Malta, Romania, Singapore, Slovenia e Sud Africa.
All’interno dei signatari anche “paradisi fiscali” come Guernsey, Jersey, Isola di Man, Cayman e Gibilterra, diversi dei quali hanno funzionato come porto sicuro per diversi exchange.
A partire del 2027 ci sarà spazio per maggiore cooperazione su alcuni dati che dovranno essere forniti dagli exchange che risiedono nei paesi firmatari, con le autorità fiscali che potranno così scambiarseli in modo automatico, così come già avviene per altri classi di asset.
L’Italia è firmataria dell’accordo, del quale si era parlato recentemente anche al G20 di settembre, con diversi dei paesi membri che avevano spinto appunto verso una soluzione di questo tipo.
Va però ricordato che rimangono fuori dagli accordi paesi estremamente rilevanti per il mondo crypto, a partire dalla Turchia e dalla Russia e passando dai tanti atolli che ospitano le sedi di diverse delle principali società.
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