L’accordo tra Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti e Binance è stato, comprensibilmente, il tema della settimana nel mondo crypto e Bitcoin. Se ne sono scritte di cotte e di crude, per quello che però è un accordo non solo importante, ma che varrebbe la pena di comprendere anche nei dettagli più reconditi.
Questo a patto di voler capire cosa sia successo davvero, cosa può succedere d’ora in avanti e anche per capire certi rapporti di potere tra Stati Uniti e resto del mondo, sul mercato dei capitali così come su quello delle criptovalute. Ne abbiamo parlato già diffusamente, è vero.
Tuttavia ora che gli effetti a catena dell’annuncio cominciano a sedimentarsi, c’è forse più spazio per un’analisi più razionale di quanto c’è e di quanto non c’è nell’accordo.
C’è un aspetto preliminare del quale ci preme discutere, per quanto concerne l’accordo tra Binance e il Dipartimento di Giustizia USA. È l’esistenza stessa della possibilità di accordo per quelle che, almeno secondo i giornali mainstream sono delle violazioni importanti delle leggi anti-riciclaggio, anti-terrorismo e più in generale del controllo del mercato dei capitali che gli USA vogliono (e spesso possono) esercitare.
Perché un accordo? Perché la più imponente macchina da guerra penale del pianeta ha deciso di scendere a patti con Binance, salvo poi contestualmente descrivere l’exchange, durante la conferenza stampa, come luogo di profitto sul malaffare?
La risposta è semplice, per quanto manchi l’ufficialità: imbastire un processo di questo tipo senza la piena collaborazione da parte di Binance sarebbe stato impossibile. E data la quantità di materiale raccolto – che tra le altre cose avevamo già visto nella causa intentata da CFTC sempre contro Binance – il sospetto fondato è che ci sia stata una collaborazione tra le parti che risale a tempo fa.
L’accordo ha certamente accontentato la sete di giustizia del DoJ e – per quanto non possiamo essere nella testa di CZ, è stato il male minore per il futuro di Binance. Ha accontentato, per quanto possibile, le due parti e ha scontentato gli analisti del nulla che al posto di Binance e DoJ avrebbero detto, avrebbero fatto, avrebbero evitato. Le chiacchiere però, come sempre accade nel mondo degli adulti, stanno a zero. E quel che conta è l’accordo sul quale è stata messa la firma.
Ne abbiamo già parlato a tempo debito e in anticipo rispetto al resto della stampa, in particolare quella mainstream. Torneremo sugli aspetti principali, anche per avere una base di cui discutere nel resto dell’analisi.
È una multa importante, una delle più importanti della storia per il sistema penale statunitense. Su questo non ci piove e non potrà piovere neanche in futuro. A fronte di violazioni delle leggi alle quali devono sottostare tutti i money transmitter che interagiscono con gli USA che sono state ripetute e volontarie era difficile aspettarsi cifre più basse.
La cifra da pagare non sarà esistenziale per Binance. Il business, checché ne dicano i profeti di sventura su X / Twitter, è solido, ha ottimi ricavi, poche spese e continua a essere lo scambio dominante a livello globale per Bitcoin e crypto.
È uno dei punti che è stato maggiormente frainteso. Quando durante la conferenza stampa si è parlato di imposizione a Binance di lasciare gli USA, ci si riferiva all’entità internazionale. Il ragionamento da seguire, per capire cosa è stato detto, è il seguente: Binance internazionale non ha mai lasciato gli USA, come dimostrato dall’accordo, e ora invece dovrà farlo.
La divisione invece compliant con le leggi USA, Binance US, continuerà a operare negli Stati Uniti. Sarà una battaglia difficile per l’exchange, con Coinbase e Kraken che al netto delle cause contro SEC sembrano godere del maggior favore da parte delle autorità, complici anche scelte diverse ab illo tempore in termini di compliance con le leggi statunitensi.
Changpeng Zhao, il fondatore e CEO storico del gruppo, dovrà farsi da parte. È parte dell’accordo che permetterà all’exchange di continuare a operare senza avere più la preoccupazione di attacchi da parte del Dipartimento di Giustizia. Dovrà comunque andare a processo (a anno nuovo) e rischia anche – almeno sulla carta – qualche mese di carcere.
Per 3 anni il Dipartimento di Giustizia potrà avere accesso in massima trasparenza a tutti i documenti e a tutte le attività di Binance International, che nel frattempo opererà sotto la guida di un nuovo CEO, Richard Teng. Teng è una figura di profilo assolutamente istituzionale, con trascorsi importanti alla guida di authority di mercato a Singapore e a Abu Dhabi.
La stampa mainstream italiana, che oltre a non avere alcun rispetto per la propria reputazione non sembra averne neanche per la verità, ha sottoposto Binance ad un bombardamento a tappeto tagliando e cucendo le dichiarazioni del procuratore generale degli Stati Uniti e della segretaria del Tesoro USA.
Binance è stata accusata di aver fatto da banca per pedofili e terroristi. Per quanto in assenza di procedure di KYC adeguate si potrebbe imputare a Binance di aver fatto da banca anche per il diavolo in persona, bisogna cercare di valutare quanto di politico ci sia in certi riferimenti fatti dalle massime autorità USA.
Il primo punto è che nelle carte processuali non vi è nulla di significativo in tal senso. Oltre a una battuta fatta via chat dai dirigenti sulla possibilità per chi deve riciclare denaro di passare da Binance, non c’è granché su questo aspetto. Binance avrebbe permesso a cittadini USA di interagire con cittadini iraniani tramite il suo exchange, ma anche qui la questione attiene più all’assenza di robuste procedure di KYC e AML che alla volontà di Binance di guadagnare qualche spiccio dagli account eventualmente aperti da Hamas.
Nessuno, DoJ compreso, ha contestato a Binance di aver favorito attivamente malaffare in grado di disgustare anche chi ha parecchio pelo sullo stomaco. Il punto è – e dovrebbe essere chiaro a questo punto – diverso. Quando si fa riferimento all’aiuto indiretto a terroristi e pedofili si sta in realtà giustificando la presenza di procedure KYC e AML. In loro assenza, vi sussurrano le autorità all’orecchio, vivreste in un mondo dove certi delinquenti avrebbero vita troppo facile.
Al contrario di quanto vorrebbe essere fatto passare su certi giornali, non è vero che Binance ha scialacquato i soldi dei clienti. Il caso di Binance non ha alcuna somiglianza con quello di FTX e chi dice il contrario mente sapendo di mentire.
Le attività promozionali di Binance sono state condotte spendendo denaro che l’exchange ha guadagnato offrendo i propri servizi.
Cosa ancora più importante: per quanto abbia indagato a fondo il Dipartimento di Giustizia, non vi è una sola accusa di aver sottratto fondi agli utenti. E, cosa più importante, non vi è alcuna accusa di non avere copertura per i denari depositati dagli utenti.
La sensazione, che purtroppo abbiamo per il grosso dei commenti alle notizie che interessano i più, è che a Binance sia stato fatto un secondo processo a mezzo stampa, dove l’exchange paga:
Non vi è alcun dubbio sul fatto che Binance abbia violato delle leggi. Che non si possa però discutere di tali leggi, in particolare a mezzo stampa, è una follia totalitaria del quale chi sposa acriticamente gli strali delle autorità è complice volontario.
C’è un altro aspetto che forse in molti hanno dimenticato. Già a marzo quello che allora era il CEO di Binance US aveva indicato come probabile la necessità di un accordo per lasciarsi alle spalle il periodo anarchico di Binance anche negli Stati Uniti.
Binance non ha mai contestato – e non avrebbe potuto fare altrimenti – di aver violato, anche scientemente, le leggi che gli USA impongono agli operatori del mercato del denaro e dei servizi collegati al trasferimento dello stesso.
Le cose da intendere da questo sono due: le interlocuzioni tra le parti andavano avanti da tempo ed era nell’interesse di tutti chiudere la questione.
Parecchio. E non siamo noi contigui al mondo crypto a dirlo, ma commentatori del mondo economico che non possono essere tacciati di punkismo o di avversione alle leggi e alle autorità.
Quando furono rese pubbliche le accuse di CFTC a Binance, che in realtà furono anticipazione 1:1 di quanto poi sarebbe accaduto con il DoJ, Matt Levine di Bloomberg ebbe a scrivere:
Non è che non ci siano accuse che Binance stia riciclando denaro per i terroristi o segretamente facendo trading contro i propri clienti, ma ci sono relativamente poche accuse di questo tipo. Questo, lo dico di nuovo, è piuttosto ok tenendo conto che si tratta di un exchange crypto.
E poi:
Molte di queste mosse dei regolatori possono apparire come protezioni degli investitori retail. Le aziende crypto stanno vendendo token ai clienti americani senza le disclosure e il controllo che SEC e CFTC vorrebbero avere, quindi SEC e CFTC le attaccano per obbligarle a seguire le regole che sono state create per proteggere gli investitori retail. È una storia molto semplice. Tuttavia non è tutto qui. Dire alle banche di stare attente ai clienti crypto non è per proteggere banche naive dai pericoli degli asset digitali. Riguarda la stabilità finanziaria? Oppure attiene alla volontà di impedire l’accesso degli operatori crypto al sistema bancario USA, attaccando le crypto ogniqualvolta ce ne sia la possibilità?
Queste illuminanti parole venivano scritte in un periodo relativamente recente, ma che ci sembra lontanissimo: c’era stato il crackdown delle banche che avevano offerto appoggio alle grandi società crypto, e CFTC contestava a market maker che operavano tramite Binance di averlo fatto aggirando le leggi. Vista da questo angolo, pensare che sia tutta una questione di protezione dei clienti appare, almeno ad opinione di chi vi scrive, poco credibile. E così appariva anche a Matt Levine di Bloomberg.
Abbiamo parlato per più di due ore nel nostro ultimo space su X della questione Binance. C’è chi ritiene che CZ, da padrone di casa, si sarebbe dovuto preoccupare del tipo di persone che utilizzavano la sua piattaforma.
Altri gli contestano di aver messo in piedi un casinò per asset certamente meno seri di Bitcoin, altri invece gli riconoscono uno spirito piratesco, per quanto centralizzato, che tutto sommato è in linea con i valori che animano il mondo crypto.
Chi vi scrive, che non ha mai fatto mistero delle proprie opinioni, si iscrive volontariamente a questo ultimo gruppo, pur riconoscendo che le opinioni, fatte salve quelle sbomballate che sono arrivate da una stampa mainstream con la testa ficcata un paio di metri sottoterra, sono forse tutte legittime.
E nel lasciarci, ricordiamo a chi ci legge che l’accordo è tombale anche per le questioni tra CFTC e Binance. Il sospetto, per chi condivide con noi un certo grado di malizia, è che le accuse di “manipolazione” e di aver fiancheggiato questo o quello non avrebbero mai tenuto in tribunale.
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