Grayscale, che è gestore del più grande trust del mondo che ha in cassa Bitcoin, e che sta cercando di convertire lo stesso in un ETF, ha posto la parola fine su una delle questioni principali che riguarda in particolare la tassazione del proprio fondo, nel caso in cui dovesse essere appunto convertito.
La questione è piuttosto tecnica, ma è migliore di come era stata posta dagli specialisti di Bloomberg. Chi pertanto ha quote di GBTC non subirà delle penalizzazioni di carattere fiscale in caso di conversione, in quanto gli ETF che hanno delle commodity in portafoglio hanno un funzionamento fondamentalmente diverso a fini fiscali.
Una buona notizia che permette a tutti di tirare un sospiro di sollievo, per quanto la tipologia di creazione e distruzione delle quote che SEC preferirebbe rimane, come era stato correttamente affermato anche qui, questa modalità presenta delle inefficienze per tutti o quasi i soggetti coinvolti. Ed è questo il motivo per il quale soggetti come BlackRock continuano a spingere per una modalità di creazione in kind, ovvero con la creazione e la distruzione di azioni dell’ETF Bitcoin tramite versamento e ricezione di Bitcoin e non di dollari USA.
Grayscale “chiarisce”: Bloomberg ha parzialmente torto
La discussione, per quanto con toni piuttosto contenuti, è tra Grayscale e Bloomberg, con l’intelligence del popolare hub informativo che da giorni parla di problemi di natura fiscale nel caso in cui al Trust Bitcoin del gruppo venga posta una modalità cash creates. Ma facciamo un passo indietro per capire di cosa stiamo parlando.
La discussione più importante tra SEC e gestori dei futuri ETF al momento riguarda la modalità con la quale vengono create quote. Le opportunità sono due: la prima è quella di consentire la creazione delle quote tramite il versamento, da parte di soggetti autorizzati, direttamente di Bitcoin. La seconda è quella di consentire la creazione delle quote soltanto tramite versamento di dollari (che poi vengono convertiti in Bitcoin).
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C’è un ulteriore problema: Grayscale è l’unica società di quelle che propongono un ETF ad avere già un trust (che non è ancora un ETF). E ha in cassa una quantità importante di Bitcoin – oltre 620.000 – che dovranno passare dal Trust all’ETF. Questo passaggio ha creato parecchia confusione, che è stata aumentata da Bloomberg, che ha iniziato a parlare della possibilità che sia un evento tassabile.
In realtà non è così, come ha spiegato Grayscale in un comunicato sul suo sito internet. I trust che gestiscono gli ETF che hanno come sottostante delle commodity, sono organizzati nella forma di grantor trust, una forma che non è la stessa dei mutual funds che hanno ad esempio in cassa delle azioni.
Questa particolare configurazione eviterà che si creino degli eventi tassabili sia nella conversione, sia più avanti nella gestione dell’ETF stesso.
Permangono però delle differenze che rendono la modalità in-kind preferibile
Chi ci ha seguito nella copertura dell’ETF Bitcoin Spot nelle ultime settimane ha letto più volte, sul nostro sito, che la modalità di creazione in-kind è da ritenersi preferibile anche sotto il profilo fiscale per i soggetti coinvolti nella creazione e distruzione delle quote del fondo.
La precisazione di Grayscale non riguarda questo specifico aspetto, ma l’eventuale svantaggio che questo avrebbe nei confronti degli altri ETF che invece non sono conversioni di vecchi trust, ma che nascono da zero.
Tutti i gestori preferirebbero comunque la creazione in kind rispetto a quella cash creates.