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Anche il capo di Morgan Stanley si arrende a Bitcoin (quasi)

Morgan Stanley si arrende allo strapotere di Bitcoin. O quasi.
11 mesi fa
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James Gorman, amministratore delegato di Morgan Stanley, una delle più importanti banche d’affari del mondo, è tornato ad esprimersi su Bitcoin. E le sue considerazioni, da scettico, sono forse benzina per quello che da queste parti – nella nostra redazione e tra i nostri lettori – si sapeva ormai da tempo.

Per quanto si faccia fatica a essere d’accordo con Gorman su tutta la linea – e vedremo tra poco perché – c’è un punto fondamentale della sua disamina: Bitcoin non andrà da nessuna parte, nel senso che al contrario di quanto raccontano e predicono certe cassandre, è qui per rimanere.

E se a dirlo è uno dei personaggi più rappresentativi del mondo che con Bitcoin ha forse tutto da perdere, c’è forse la necessità di fermarsi a pensare un attimo a quanto è stato detto, al perché e a cosa potremmo ricavarne. No, non soltanto in termini di prezzo.

Anche Morgan Stanley parla di Bitcoin: e lo fa dallo scranno più alto

A parlare di Bitcoin questa volta è James P. Gorman, amministratore delegato di una delle banche d’affari più importanti del mondo. Parliamo di Morgan Stanley, una delle più importanti banche d’affari al mondo, nonché centro nevralgico di una grossa parte dei servizi finanziari a stelle e strisce.

Intervistato da Bloomberg Television, ha così risposto a domanda su Bitcoin:

Non ho mai davvero capito il valore di Bitcoin come valore in riserva, altri lo hanno capito e ci hanno fatto tanti soldi. Una volta ho fatto una battuta: sono triste di non averlo comprato a 60 dollari, e sono felice di non averlo comprato a 60.000$. È chiaramente speculativo: credo che per le persone ricche dovrebbe giocare un ruolo davvero ridotto nella loro gestione finanziaria, in quanto è molto speculativo e volatile. […] Bitcoin non andrà via, non è una bolla, non credo però che sia un investimento core, credo che sia un asset speculativo, in un settor nel quale ci sono tante scelte.

Opinione comunque intermedia: Bitcoin, almeno secondo il capo di Morgan Stanley non è store of value, ma è comunque un asset che non è più una bolla, un fad per dirla all’inglese, ma qualcosa che rimarrà in circolazione.

Cambia l’atteggiamento di tanti “pezzi da 90”

Cambia l’atteggiamento, per quanto probabilmente interessato, dei pezzi da 90 della finanza internazionale su Bitcoin.

Non che ne avessimo granché bisogno. Da queste parti si è sempre creduto nel potenziale innovativo, distruttivo, liberatorio di Bitcoin. Prima ancora della sua bontà come asset. E non saranno le lusinghe, che siano prezzolate o meno poco cambia, di Gorman, di Larry Fink o di qualche latro CEO.

Serviranno però a chi pende dalle labbra di chi guida la finanza internazionale, magari per avvicinarsi con meno timori a questo incredibile strumento. Uno strumento di libertà, di indipendenza, di conservazione del proprio capitale e, perché no, di un nuovo modo di scambiarsi valore.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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