SEC tenta la ritirata strategica. Il caso non è forse uno di quelli più seguiti nel mondo crypto, ma è comunque significativo dell’atteggiamento di SEC sia nei confronti di questo comparto, sia nei confronti del rispetto della legge che sarebbe dovuto per un’agenzia governativa. La storia è lunga, ma interessante. E ti invitiamo a leggerla anche per avere un’idea di quale sia il clima che si respira negli Stati Uniti, dove SEC continua a aggredire il mondo crypto con le buone – e in questo caso anche con le cattive.
Al centro ci sono delle bugie, così come definite dal giudice Shelby che presiede la causa, pronunciate dagli avvocati di SEC, che hanno causato l’emissione di ordini restrittivi che hanno avuto un impatto enorme non solo su DEBT Box – questo il progetto che sta cercando di difendersi da SEC – sia nei confronti di più di 300.000 utenti, in 130 paesi del mondo.
Una situazione paradossale, che la dice però lunga sia sul livello di attenzione di SEC a certe questioni, sia su cosa sia disposta a fare per mettere i bastoni tra le ruote ai progetti che porta in tribunale.
Difficile pensare che i giudici abbiano alcun interesse personale a difendere il mondo crypto. Si tratta semplicemente di applicare le leggi – anche quando davanti si ha una potente agenzia governativa. Ed è quello che è successo nello Utah, dove SEC ha portato in giudizio DEBT Box. Un progetto relativamente popolare, che però ha dovuto fare i conti con l’aggressività – e le dichiarazioni mendaci – degli avvocati di SEC.
Gli stessi, qualche mese fa, dichiararono che il gruppo avrebbe chiuso oltre 30 conti correnti in sole 48 ore per spostare i propri denari all’estero e dunque al di fuori del raggio d’azione della giustizia USA e delle agenzie governative.
Dichiarazione che fu presa per buona dai giudici, allora, e che portò ad un TRO, ovvero ordine restrittivo temporaneo. La cosa causò un crollo del token legato al progetto di oltre il 50%, portando a perdite consistenti oltre 300.000 holder.
Tutto bene fin qui, se non fosse che in realtà DEBT Box non aveva chiesto la chiusura di nessun conto bancario e che i pochi che furono allora chiusi lo furono per decisioni (indipendenti o sotto pressioni delle autorità?) delle banche stesse.
Quanto avevano affermato gli avvocati di SEC era pertanto falso. E per questo i giudici potrebbero sanzionare l’agenzia governativa, dalla quale ci si aspetta, per legge, un certo ossequio non solo per le leggi, ma anche per la verità.
Dato che c’è aria di sanzioni per SEC, la stessa agenzia ha chiesto la chiusura del caso: una figuraccia che dovrebbe forse trovare più spazio sulla stampa mainstream, la stessa che invoca a gran voce l’intervento dei regolatori per contenere l’anarchia crypto.
Vedremo se ci saranno delle conseguenze legali. Le conseguenze in termini di reputazione invece le lasceremo giudicare ai nostri lettori. E le commenteremo anche sul nostro Canale Telegram, in quella che è una guerra fatta di mille battaglie – non tutte a favore di SEC.
E sarà anche occasione per riflettere sul ruolo di certe agenzie, che nel silenzio del Congresso continuano a operare spesso contro la legge.
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Tutto questo é niente: se le blockchain non fossero su nodi sparsi/decentralizzati, gli USA li avrebbero giá bombardati, come sono soliti fare, "in difesa" della loro economia e del loro inflazionatissimo biglietto verde.