Il governatore della banca centrale della Nuova Zelanda tuona contro Bitcoin e stablecoin. Non che siano nuove certe esternazioni da parte dei banchieri centrali, ma dato che tutti o quasi se ne erano stati quatti quatti a guardare sia l’enorme recupero di Bitcoin, sia la crescita verso i 100 miliardi di Tether, sarà il caso di parlarne.
A tuonare è appunto Ardian Orr, che in Nuova Zelanda governa la locale banca centrale, che avvisa dell’ossimoro che sarebbe alla base del nome stesso delle stablecoin. Stablecoin che appunto sarebbero tutto fuorché stabili. Niente di nuovo, verrebbe da dire, ma è anche il segnale del fatto che questi due mondi difficilmente riusciranno a conciliarsi.
E questo anche in virtù della reticenza di quello che è il vecchio mondo monetario, che non sembrerebbe avere alcuna intenzione di porre fine ad una guerra lanciata da Satoshi Nakamoto ormai 15 anni fa. Guerra che assume, con la crescita di queste tecnologie, toni sempre più minacciosi.
Il sunto di quanto è stato affermato da Adrian Orr è il seguente: le stablecoin, pur guardandosi da fare nomi specifici, non sono stabili.
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Quanto viene pubblicizzato sull’etichetta non è poi quello che si trova all’interno del prodotto, per questi sedicenti prodotti alternativi al cash della banca centrale.
E ha parlato anche di ossimoro e denominazione impropria per le stablecoin, che non sarebbero appunto affatto stabili. La loro stabilità dipende, aggiunge, dai prodotti che gli emittenti hanno in cassa. Cosa per carità, lapalissiana, ma che non tiene conto di due fattori, almeno a nostro avviso:
Nel tempo Tether ha dimostrato un’invidiabile stabilità. USDC, che ha avuto problemi nel 2023, li ha avuti perché una delle banche che custodivano le sue riserve è fallita. E non sappiamo fino a che punto si possa parlare di fallimento delle stablecoin quando a fallire è stata una banca con licenza federale negli USA e sotto la supervisione di Federal Reserve.
Sia per quanto concerne Tether, sia per quanto riguarda USDC, sia per quanto riguarda anche PYUSD, la stablecoin di PayPal. Hanno copertura praticamente al 100% tramite titoli di stato USA (la cui affidabilità dipende, ancora una volta, dal vecchio circuito finanziario e delle banche centrali) oppure altri titoli cash equivalent.
Da questa ondata di attacchi non viene risparmiato neanche Bitcoin, che avrebbe la colpa di non essere né una riserva di valore, né un mezzo di scambio, né tanto meno unità di conto – ovvero non avrebbe nessuna delle tre caratteristiche fondamentali della moneta.
Eppure, conferma Orr, qualcuno la utilizza proprio come se fosse moneta. Dato che si tratta di gente, che almeno secondo Orr, starebbe sbagliando e sarebbe anche – il sottinteso è quello – fortemente minoritaria, verrebbe da chiedersi il motivo di tanta preoccupazione. È una risposta che però, sospettiamo, tarderà a arrivare.
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