Le criptovalute sono state per tanto tempo un vero e proprio mistero per commercialisti e consulenti fiscali. Poi, alcuni chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate hanno aperto spiragli di maggiore chiarezza su questo comparto.
Tuttavia, ancora oggi tantissime persone si pongono domande come:
Considerata la rilevanza di questo tema, abbiamo voluto porre un po’ di chiarezza su questo argomento riepilogando una serie di risposte alle tue domande più frequenti. Scopriamole insieme!
Iniziamo subito sancendo che secondo quanto afferma l’Agenzia delle Entrate nell’interpello 956-39/2018, con valutazioni poi confermate dalle istruzioni per la compilazione del quadro RW e, ulteriormente, dal Tar del Lazio con recente sentenza n. 1077/2020, le criptovalute devono essere oggetto di segnalazione nel quadro RW della dichiarazione dei redditi.
In altre parole, secondo quanto affermano le indicazioni del Fisco italiano, le valute virtuali finiscono con il rientrare nello stesso recinto delle operazioni che hanno ad oggetto le valute tradizionali. Ne deriva che troveranno applicazione nei loro confronti anche le disposizioni in materia di monitoraggio fiscale, anche se non vi è effettivo trasferimento all’estero di valute.
Ad ogni modo, è proprio qui che saltano agli occhi le prime perplessità. Se infatti non vi è trasferimento di valuta all’estero, per quale motivo il legislatore fiscale italiano desidera che le criptovalute trovino spazio nell’apposita sezione della dichiarazione dei redditi dedicata al monitoraggio di trasferimento di valute all’estero?
Effettivamente, si tratta di una perplessità piuttosto comune, lamentata da tanti commercialisti, e che per il momento non ha trovato riscontro ufficiale da parte dell’Agenzia delle Entrate.
La posizione di molti consulenti che ritengono che le criptovalute non debbano essere segnalate nella dichiarazione dei redditi è piuttosto chiara: con la modifica intervenuta nel 2007 al d.lgs. 231/2007, infatti, i c.d. custodian wallet (cioè, quei fornitori che erogano servizi di wallet, portafogli digitali), e gli exchanger (cioè, i titolari di exchange, borse nelle quali si acquistano e vendono criptovalute) se residenti in Italia sono già considerati come intermediari finanziari soggetti agli obblighi di monitoraggio.
Dunque, non si capisce bene per quale motivo il cliente titolare di un wallet o di un exchange in Italia debba dichiarare le proprie criptovalute in dichiarazione dei redditi, nel quadro RW, se è già il wallet o l’exchange italiano a dover adempiere agli obblighi di monitoraggio.
Da quanto sopra, dunque, dovrebbe discendere l’esonero dall’indicazione nel quadro RW per chi detiene criptovalute presso questi operatori.
Insomma, un chiarimento da parte dell’Agenzia delle Entrate è fondamentale. Nelle more, la maggior parte dei consulenti suggerisce comunque di adottare l’atteggiamento più scrupoloso, e inserire nel quadro RW le proprie criptovalute. Ma come?
La compilazione del quadro RW per poter valorizzare il tuo patrimonio di criptovalute non è molto difficile, considerando che su questo tema sono intervenute le istruzioni nel modello della dichiarazione dei redditi, le quali precisano che in caso di criptovalute sarà sufficiente indicare come codice di individuazione del bene il 14 (equivalente alle altre attività estere di natura finanziaria), mentre il campo “Stato estero” potrà essere lasciato vuoto.
Bisognerà poi indicare il controvalore in euro della valuta virtuale al 31 dicembre del periodo di riferimento. Ma che importo valorizzare? Come calcolare questo controvalore, considerato anche che non c’è un prezzo ufficiale delle criptovalute, e che ogni exchange può dunque scegliere di adottare il regime di prezzo che preferisce?
Anche di questo si sono fortunatamente occupati i tecnici dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui il valore in euro delle criptovalute al 31 dicembre dell’anno di riferimento dovrà essere calcolato sulla base di quanto fornito dal sito dove il contribuente ha acquistato la valuta virtuale, ovvero gli exchange.
Negli anni successivi a quello di prima acquisizione, dovrai poi indicare il controvalore detenuto alla fine di ogni anno, o alla data di vendita o di cessione, se avvenuta in corso d’anno.
Tra i numerosi punti “scoperti” di questa normativa vi è anche il fatto che non è mai stato chiarito se nelle ipotesi delle critpovalute sia applicabile o meno la soglia dei 15.000 euro che è prevista per i conti correnti e per i depositi bancari detenuti all’estero, il cui mancato superamento comporta la possibilità di non procedere a nessuna segnalazione nel modello di dichiarazione dei redditi. Si tratta, evidentemente, di una semplificazione che permette al contribuente di non valorizzare nel modello di dichiarazione dei redditi dei depositi “marginali” e poco significativi, e che potrebbe trovare applicazione anche nei confronti delle criptovalute.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito in questo senso che le valute virtuali non sono soggette a Ivafe. A questi fini, infatti, le criptovalute che sono conservate nei relativi wallet non possono essere fatte rientrare nell’ambito di applicazione del tributo patrimoniale, posto che la norma è specifica nel porre diretto riferimento a prodotti finanziari come conti correnti bancari e libretti di risparmio.
Per il momento non sono previste all’orizzonte delle novità sulle tasse criptovalute Italia. Probabilmente dunque bisognerà attendere il 2021 per poter avere un quadro più definito di questa misura, salvo che l’Agenzia delle Entrate non intenda fornire ulteriori chiarimenti.
Che si stia muovendo qualcosa nel settore criptovalutario a livello internazionale “istituzionale” è comunque ben intuibile, considerato anche che è recente un framework per poter disciplinare il lancio di criptovalute da parte delle banche centrali.
Vedremo dunque se ci saranno o meno novità sulle tasse cripovalute Italia per il 2021: vi terremo naturalmente aggiornati su ogni possibile novità!
Fin qui abbiamo parlato di criptovalute tasse Italia riferendoci principalmente alla possibilità di pagare le imposte sulle criptovalute che si posseggono nel proprio wallet. Ma che cosa dire delle criptovalute che invece non si posseggono, ma sulle quali si è magari investito con un CFD (contratto per differenza)?
In questo caso l’ambito è evidentemente diverso, perché potrebbe non esserci alcun possesso diretto delle criptovalute e, dunque, potrebbe non sorgere alcuna imputazione nei termini di cui sopra.
Naturalmente, questo non significa che l’investitore non debba comunque procedere al pagamento di possibili imposte, considerato che dall’attività di trading potrebbero nascere plusvalenze da assoggettare a imposta!
Una delle ricerche più frequenti da parte degli investitori che investono in criptovalute è “eToro criptovalute tasse”. Ma perché?
È semplicissimo!
Perché una buona parte rilevante degli investitori italiani investe in criptovalute proprio mediante eToro, uno dei migliori broker al mondo. Ma come si pagano le tasse sulle criptovalute che si hanno in eToro?
In tal senso, ci si può affidare a una risposta ufficiale fornita dallo stesso eToro, che dalla sua assistenza clienti fa sapere che la responsabilità di pagare le imposte applicabili nel proprio Paese di riferimento è dei clienti stessi, e non certo di eToro.
Tuttavia, eToro mette a disposizione di tutti i clienti una funzione, disponibile nell’estratto conto, che permette di calcolare il reddito imponibile che potrebbe essere necessario includere nlal dichiarazione dei redditi per poter calcolare correttamente l’importo delle imposte da versare al Fisco.
Inoltre, eToro rende noto che potrebbe essergli richiesto di fornire informazioni di natura fiscale dalle autorità ocali, in liena con la legge FATCA sugli adempienti fiscali dei conti esteri.
Per maggiori informazioni ti consigliamo di contattare direttamente eToro, che sarà certamente in grado di rispondere con puntualità e con precisione a tutte le tue richieste più specifiche.
La risposta è positiva: si pagano le tasse sulle criptovalute in Italia!
Pertanto, non credere a quelle persone che sbrigativamente vogliono farti credere che in realtà non ci siano imposte da pagare su Bitcoin & co. e consultare frequentemente questa pagina per poter essere sempre aggiornato su quello che potrebbe accadere in ambito tasse criptovalute e fisco criptovalute Italia!
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