Cosa succede quando sei a capo di una nazione che ha fatica a riportare alla normalità la propria divisa nazionale? Oltre a svalutare e a cercare di avvicinarti ai tassi del mercato nero, cerchi anche di limitare la possibilità per i cittadini di scambiare suddetta valuta. E sarebbe questa la motivazione dietro la stretta, in Nigeria, nei confronti degli exchange crypto.
Potrebbe sembrare a molti una teoria del complotto, qualcosa che stupirà i nostri lettori più affezionati, sapendo a quali standard editoriali aderiamo. Tuttavia a metterci la pulce nell’orecchio non è stato un tweet da strapazzo dei soliti influencer, ma un lungo articolo apparso su Financial Times, che parla apertamente di chiusura degli exchange per tutelare appunto Naira, la divisa nazionale della Nigeria.
Divisa che è stata al centro di batti e ribatti importanti tra governo centrale e mercato nero, per qualcuno l’unico mercato vero dove i tassi sono liberi di fluttuare e dunque di attribuire un valore alle cose. A pagarne le conseguenze sono stati diversi tra i top exchange, con i clienti che hanno accesso intermittente ormai dalla scorsa settimana.
Non è la prima volta che assistiamo a casi del genere. Mentre in Argentina il tasso di cambio ufficiale era un privilegio per pochi, era lo scambio tra peso argentino e Tether a offrire un prezzo corretto e in linea con quanto avveniva sul mercato. C’è poco di cui stupirsi: è un modo agile, diretto e lineare per cambiare la propria valuta nazionale e per far parte di un mercato che scambia davvero in libertà.
A quanto pare la stessa situazione, questa volta in Nigeria, ha colpito il Naira, divisa nazionale che è stata già oggetto di svalutazioni e il cui controllo stretto da parte del governo è almeno in parte responsabile della gran penuria di dollari sulle piazze locali. Penuria di dollari che ha portato diversi grandi gruppi internazionali a abbandonare il paese e a aggravare la situazione.
È in questo contesto, almeno secondo Financial Times, che andrebbe letta la mossa della scorsa settimana da parte del governo, che avrebbe comunicato agli internet provider di limitare l’accesso ai crypto exchange come Kraken, Binance e Coinbase. Una mossa che sarebbe nata dunque con la volontà di limitare un mercato nero valutario, per quanto tramite crypto, che sta creando non pochi grattacapi al governo nigeriano.
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Il tema è sempre lo stesso ed è su questo che vi invitiamo a riflettere: da un lato i mercati più decentralizzati (e certamente non perfetti) delle criptovalute e il mercato degli scambi monetari centralizzato, nelle mani della Banca Centrale, come nel caso della Nigeria.
Un’eterna lotta tra bene e male per qualcuno, tra guardie e ladri per altri. Con una lezione però importante per chi ha cambi fissi gestiti dalla banca centrale: oggi non c’è più soltanto da reprimere banchetti del cambio illegali. Gli scambi ai tassi di mercati viaggiano su internet – e spesso su blockchain, alla velocità della luce.
Coinbase nel frattempo ha negato il blocco (totale?). Ricordiamo però che FT ha parlato a più riprese di difficoltà di accesso, che sarebbero state appunto imposte da enti governativi, almeno secondo fonti informate dei fatti.
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