Arriva già la decisione del giudice, per quanto sarà disponibile in forma lunga e dettagliata soltanto tra qualche tempo. Craig Wright non è Satoshi Nakamoto. Le prove contro la teoria sostenuta dallo stesso Wright sarebbero state schiaccianti, secondo il giudice che si è appunto già pronunciato in forma breve.
Lo riporta BitMEX Research, a conclusione di un processo che si è trascinato per settimane e che dovrebbe mettere la parola fine su una delle questioni legalmente più incresciose che riguardano l’universo Bitcoin, almeno nei tribunali. Vince dunque COPA, consorzio che vede la partecipazione di diverse società tech che hanno come obiettivo quello della tutela della libertà dello sviluppo del mondo crypto e del suo codice.
Le motivazioni della sentenza saranno disponibili più avanti nel corso delle prossime settimane e meriteranno certamente un commento a chiusura di una vicenda che in realtà interessava più i sedicenti nemici di Bitcoin che il funzionamento della prima criptovaluta al mondo.
Il giudice ci mette poco: quattro no a Craig Wright
Craig Wright non è Satoshi Nakamoto, Craig Wright non ha scritto il whitepaper, Craig Wright non ha creato Bitcoin e non ne ha scritto il codice. In modo stringato il giudice Mellor ha commentato così la chiusura del dibattimento finale tra COPA e Wright, per un processo che contestava quanto Craig Wright dichiara appunto da anni, ovvero di essere Satoshi Nakamoto.
Questo al termine di un rocambolesco processo dove gli avvocati del COPA hanno contestato, con successo, l’autenticità di centinaia di documenti che Wright ha utilizzato nel tempo per sostenere di essere appunto lui il misterioso creatore di Bitcoin.
Un processo che si è consumato però anche fuori dalle aule di giustizia, con il ristretto ma pugnace gruppo di sostenitori di Wright rimasto in attesa della rivelazione finale che avrebbe fatto pendere l’ago della bilancia dalla parte del loro beniamino.
Rivelazione che però non è mai arrivata, con il processo che si è concluso con esito negativo per Wright, che da qui in avanti avrà difficoltà a portare avanti tutte quelle cause che hanno come presupposto la sua paternità del codice di Bitcoin.
Potrebbe non essere finita qui?
Rimane questa al momento la grande incognita che riguarda il futuro di Craig Wright, che durante il processo ha confermato che anche in caso di esito negativo non avrebbe rinunciato a cause legali contro sviluppatori e appassionati di Bitcoin ogniqualvolta sarebbe stata contestata la sua paternità dell’intero apparato di Bitcoin.
Vedremo se questo sarà possibile: certe cause legali hanno dei costi, e vedremo se chi ha finanziato fino a oggi le cause di Wright, a sua detta tramite prestiti, sarà ancora disposto a farlo.
Cosa ha detto il giudice
Ne approfittiamo per fornirvi traduzione di quanto detto dal Justice Mellor:
Justice Mellor, UK
Fornirò alcune dichiarazioni delle quali sono convinto siano utili e necessarie per rendere giustizia tra le parti. Primo, che il Dottor Wright non è l’autore del White Paper di Bitcoin. Secondo, il Dottor Wright non è la persona che ha adottato o operato sotto lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto nel periodo 2008 al 2011. Terzo, il Dottor Wright non è la persona che ha creato il Sistema Bitcoin. E, quarto, non è l’autore delle versioni iniziali del software di Bitcoin. Qualsiasi ulteriore provvedimento sarà trattato nella mia sentenza scritta. Estenderò il tempo per la presentazione di qualsiasi avviso di appello fino a 21 giorni dopo l’udienza relativa alla forma dell’ordine, che sarà fissata in seguito alla consegna della mia sentenza scritta e chiedo alle parti di cercare di concordare un ordine che dia effetto a quanto ho appena affermato.
Se commento “E c’era bisogno di un giudice?” rischio di fare la figura del solito anarchico antisociale.
Quindi aggiungerò “Così intanto, con ste cause a cazzo di cane ci ingrassa solo lo stato”.
Tanto per non lasciare dubbi.
Ma vaffanculo Craig Wright, e speriamo stavolta sia ben finita sta pagliacciata.