Brad Garlinghouse, CEO di Ripple, è sicuro: arriveranno – prima o poi – degli ETF anche su Ripple, Solana e Cardano. O almeno questo è quanto ha affermato al Consensus 2024, kermesse dedicata alle crypto che è organizzata dalla popolare testata statunitense CoinDesk. Una dichiarazione certamente roboante, per quanto a nostro avviso la parte importante della stessa sia quel prima o poi.
Sulla possibilità che a stretto giro vengano infatti approvati degli ETF su altre crypto abbiamo già parlato giovedì 30 maggio, in uno space X dedicato al tema, ricordando ai nostri lettori quali sono le difficoltà che questo tipo di prodotti finiranno per incontrare, almeno nel breve periodo.
Sì, sono problemi di carattere regolamentare, che potranno venire meno in futuro, ma che per il momento sembrano essere assolutamente insormontabili. Questo per quanto negli USA le cose stiano accelerando oltre ogni più rosea aspettativa. Un’accelerazione che forse in pochi si sarebbero aspettati e che è di natura al 100% politica.
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Gli ETF piacciono a tutti. Nel caso di Bitcoin hanno contribuito ad un ritorno ai massimi. E nel caso di Ethereum hanno già prodotto degli effetti interessanti – e altri ne produrranno una volta che saranno effettivamente lanciati. Piacciono così tanto che ognuno vuole il suo, a partire dal capo di Ripple, Brad Garlinghouse, che nel corso del Consensus 2024 è tornato sul tema, affermando:
Credo sia solo una questione di tempo ed è inevitabile che ci saranno ETF su Ripple XRP, ci saranno so Solana e ci saranno anche ETF su Cardano. E questo è grandioso.
Brad Garlinghouse, CEO di Ripple Labs
Una dichiarazione già fatta rimbalzare con entusiasmo ai quattro angoli del web, che però merita qualche considerazione aggiuntiva. La prima è che il cuore di questa frase non è la certezza della loro approvazione, ma la questione di tempo. Nessuno può rispondere sul quando, per quanto tutti – compreso chi vi scrive – siano certi della loro futura approvazione.
È il tempo però ad essere imprevedibile: siamo in una situazione molto diversa da Ethereum, che ha già da tempo dei futures quotati al CME e che già da tempo ha anche degli ETF sui futures disponibili anche negli USA. E ad aggiungere ulteriori complicazioni, c’è anche la questione dei volumi: interesseranno ai grandi gestori asset che sono comunque molto meno scambiati sui mercati, almeno rispetto a Bitcoin e Ethereum?
Finiranno in degli ETF con un paniere crypto o in ETF da soli? Chi si preoccuperà di lanciarli? Chi si prenderà la briga di lanciare futures mentre tutti questi asset hanno problemi legali con SEC?
Non vogliamo fare i pompieri, ma siamo costretti – in quanto testata dedita all’informazione e non alla FOMO – a riportare un po’ tutti sul pianeta terra. Nonostante tali prodotti siano già disponibili da tempo in Europa, negli States la situazione è diversa soprattutto in termini di regole e di situazioni giudiziarie.
Tempo al tempo, e probabilmente li vedremo tutti. E sì, Garlinghouse ha ragione, per quanto però per capire cosa abbia detti ci si dovrebbe impegnare a leggere anche tra le righe.
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