Donald Trump ha ribadito ieri la sua intenzione di non vendere i Bitcoin che sono in possesso del governo degli Stati Uniti o dei suoi dipartimenti e che sono stati ottenuti tramite sequestro. Una questione che è diventata anche questa terreno di scontro politico e che diventerà – con ogni probabilità – uno dei tormentoni elettorali per le presidenziali da qui a settembre.
La posizione di Donald Trump sul tema era stata già espressa durante il Bitcoin 2024, a Nashville, quando il candidato presidenziale repubblicano era apparso davanti ad una folla (non completamente, forse) in visibilio, data sia la rilevanza della presenza di un candidato presidenziale ad un evento di questo tipo, sia date le promesse che questo ha pronunciato.
Ieri nel frattempo lo staff della Casa Bianca, sembrerebbe per ordine di Kamala Harris, ha iniziato a tessere la tela per il recupero di rapporti diretti (e migliori) con il mondo dell’industria crypto. Seguici anche sul nostro canale Telegram per rimanere sempre aggiornato sulle ultime evoluzioni del mondo crypto e Bitcoin.
Donald Trump ripete la promessa: con me nessun Bitcoin venduto
Si parla chiaramente dei Bitcoin che sono nella disponibilità degli Stati Uniti. La stessa promessa era stata fatta al Bitcoin 2024, salvo poi vedere gli attuali ufficiali in carica della cosa scaricare 2 miliardi di dollari in Bitcoin, per una situazione che è stata ritenuta fortemente politica e ideologica ma che in realtà, come vedremo più avanti, segue delle logiche…. diverse.
- Di quanti Bitcoin parliamo?
Qui c’è il primo inghippo. Secondo i dati che sono offerti da Arkham parliamo di 203.239 Bitcoin, più 750 WBTC, la versione sintetica di Bitcoin su rete Ethereum.
È una somma certamente importante e che è superiore all’1% dei Bitcoin già emessi. Ma si tratta anche di una somma che per larga parte non è in realtà nella piena disponibilità del governo USA e delle sue agenzie.
Di quella somma infatti, 94.000 Bitcoin sono legati al caso hack di Bitfinex e dovranno pertanto essere restituiti ai legittimi proprietari. E mancano dettagli su tanti altri dei Bitcoin presenti in quei wallet sotto il controllo del governo degli USA.
Più in breve: intorno alla metà dei Bitcoin del governo USA non possono essere venduti.
- Il secondo inghippo: non è il presidente a decidere
La gestione degli asset sequestrati segue procedure fissate dalla legge e viene assegnata allo United States Marshal Services, che è un corpo di polizia federale che si occupa, tra le altre cose, anche di liquidazione degli asset ottenuti tramite sequestro.
Sarebbe parecchio insolito vedere il presidente intervenire in questo senso, e sarebbe altrettanto insolito vedere asset sequestrati finire come riserva strategica degli Stati Uniti, tenendo conto del fatto che almeno in parte i proventi servono spesso anche per risarcire le vittime.
Una valuta “moderna”
Curioso anche il commento di Trump su Bitcoin:
È come l’intelligenza artificiale – lo ami o non ti piace? – e se non lo facciamo noi, lo farà la Cina, o altre persone, e non possiamo rimanere indietro, e le crypto sono proprio in quella sfera.
Bitcoin diventa dunque un caso geopolitico, tema però anche questo che è uscito da tempo. Sul fatto che possa continuare a essere però una questione di interesse solo repubblicano. Lo staff di Kamala Harris infatti si sta muovendo per cercare di recuperare rapporti compromessi da 4 anni di attacchi di Joe Biden e della sua amministrazione.