La Cina è uno dei Paesi al mondo che si sta muovendo con maggiore incisività nel mondo delle criptovalute. Ma cosa devi sapere assolutamente su ciò che sta avvenendo in Cina sul fronte delle valute digitali?
Di seguito abbiamo cercato di riassumere tutto ciò che devi conoscere, e che ti permetterà di essere sempre aggiornato sullo stato dei lavori.
La banca centrale cinese, la People’s Bank of China (PBOC), ha elaborato una legge per legalizzare lo yuan digitale e mettere fuori legge le valute digitali emesse da chiunque altro sia in concorrenza con esso. Nel frattempo, la banca centrale ha messo sotto controllo i siti di gioco d’azzardo che utilizzano lo stablecoin Tether.
Questa novità sembra essere una chiara dichiarazione di intenti da parte delle autorità cinesi, che vogliono puntare su una versione digitale della propria valuta nazionale, scoraggiando invece la concorrenza “privata”.
È in questi termini che si può leggere quanto avvenuto pochi giorni fa, quando la People’s Bank of China ha pubblicato un disegno di legge che conferisce uno status legale alla sua moneta digitale – intendendo per tale quelal emessa dalla Banca centrale, lo yuan digitale. La banca centrale ha anche avviato una consultazione pubblica sul disegno di legge; i commenti dei soggetti interessati possono essere presentati fino al 23 novembre 2020.
Dunque, il disegno di legge non lascia spazio ad altre interpretazioni, affermando che la moneta legale della Repubblica Popolare Cinese è il Renminbi [RMB], e che il renminbi comprende sia la forma fisica e la forma digitale.
Ai nostri fini è anche interessante notare come nessuna organizzazione o individuo può produrre o vendere token, coupon e asset digitali in sostituzione del renminbi in circolazione sul mercato.
Le sanzioni per chi viola questa linea guida sono piuttosto severe. Di fatti, chiunque violi tale regolamento, si vedrà interrotta la propria attività e dovrà rinunciare immediatamente a qualsiasi procedimento di produzione e di vendita di token digitali sostenuti da yuan, subendo invece una multa di importo pari a fino cinque volte il ricavato in questione.
Nel frattempo, la Cina sta testando pesantemente lo yuan digitale. Un test pubblico è stato recentemente lanciato a Shenzhen dove le autorità hanno attribuito 200 yuan (circa 30 dollari) a 50.000 residenti, da spendere in 3.389 negozi abilitati.
In un post di Wechat pubblicato qualche giorno fa, la Banca centrale ha poi illustrato i suoi sforzi per reprimere i siti di gioco d’azzardo transfrontalieri che consentono ai cittadini cinesi di trasferire denaro all’estero, bypassando i controlli sul capitale cinese.
Secondo il post, la Banca sta assistendo la polizia locale della città di Huizhou con un giro di vite sui siti di gioco d’azzardo online transfrontalieri che presumibilmente utilizzano il tether (USDT) per riciclare il denaro. Tre siti di gioco d’azzardo, che gestiscono quasi 120 milioni di yuan, sono stati chiusi e 77 persone sospette sono state arrestate.
Quanto sopra ci porta a pensare che la Cina sarà il leader mondiale delle criptovalute, e non gli Stati Uniti, come invece si pensava fino a non troppi anni fa.
Gli USA sembrano infatti essersi incagliati su se stessi, con ogni intento normativo per regolamentare il settore che è naufragato nel vuoto. Lo stesso lancio di Libra, il progetto criptovalutario di Facebook, ha creato più polemiche e contrasti che altro. Ed è un peccato.
Questa negligenza da parte dei legislatori americani non è benigna. La mancanza di un solido quadro normativo che protegga e rafforzi gli innovatori contro i rischi di un incongruo utilizzo del comparto criptovalutario si traduce infatti in confusione.
Se infatti è pur vero che gli innovatori dell’ecosistema criptovalutario si trovano già ad affrontare rischi elevati, questo livello di incertezza giuridica rende farlo negli Stati Uniti una sfida quasi insostenibile.
Per quasi un decennio, questa tecnologia ha messo radici e si è evoluta in tutta una serie di applicazioni dell’economia reale da parte degli innovatori americani. Oggi, però, proprio quando sembrava che tutto fosse pronto per poter favorire l’adozione di massa, ci si rende conto che fare business negli Stati Uniti è più difficile di quanto si possa immaginare.
Ecco perché tutto il mondo criptovalutario guarda alla Cina.Come abbiamo avuto modo di vedere qualche riga fa, la Cina ha lavorato duramente per sviluppare uno yuan digitale, e ha già effettuato test di larga scala.
Il presidente Xi Jinping ha incluso la blockchain come obiettivo per superare gli Stati Uniti in questa tecnologia, e non è certamente un caso, ancora una volta, che la Cina abbia depositato il maggior numero di brevetti relativi alla blockchain nel mondo.
Insomma, se gli Stati Uniti (ma lo stesso discorso può ben valere per l’Europa) non cercheranno di correre ai ripari in tempi rapidi, tutto lascia pensare che la leadership cinese finirà con il consolidarsi a lungo.
Come anticipato, e come dovrebbe essere chiaro a questo punto del nostro approfondimento, lo yuan digitale è probabilmente la più avanzata delle varie iniziative che si stanno sviluppando in tutto il mondo nel mondo delle valute digitali.
Sembra infatti che le banche centrali, e la People’s Bank of China (PBOC) non fa eccezione, siano preoccupate che le valute digitali come il Bitcoin o i progetti privati come Libra di Facebook, possano acquisire una diffusione troppo importante, limitando il controllo dei flussi di fondi da parte delle istituzioni.
Ecco perché la Banca centrale ha lavorato al suo programma di yuan digitale molto duramente, partendo quasi in silenzio nel 2014. Ora, a sei anni di distanza dai primi passi, una serie di programmi pilota ha dimostrato che lo yuan digitale può funzionare sul campo quando si pagano gli acquisti.
Ma come funziona lo yuan digitale?
Dal punto di vista dell’utente, il funzionamento sarà un po’ come i metodi di pagamento digitali commerciali già esistenti in Cina, come Alipay e Wechat Pay: ovvero, gli utenti scaricano wallet digitali in cui possono conservare i loro fondi e che generano un codice QR che può essere scannerizzato dai terminali di pagamento nei negozi.
Fin qui, la versione “semplice”. In realtà, però, il sistema è un po’ più complicato di così. Lo yuan digitale è infatti progettato per sostituire il contante in circolazione, come le monete e le banconote, ma non il denaro depositato a lungo termine su conti bancari.
Le banche commerciali avranno dunque un ruolo nella distribuzione della valuta digitale agli utenti, e per farlo dovranno depositare presso la PBOC esattamente la stessa quantità delle loro riserve dello yuan digitale che intendono utilizzare.
Sia le banche commerciali che la banca centrale terranno dunque delle banche dati che seguiranno i flussi di yuan digitali da utente a utente, cosa che – evidentemente – non possono fare altrettanto efficacemente con le monete o con le banconote.
A differenza delle valute digitali come il Bitcoin, lo yuan digitale non utilizzerà la tecnologia blockchain, che permette di convalidare le transazioni senza bisogno delle banche.
Un uso diffuso dello yuan digitale darebbe ai responsabili politici cinesi una maggiore visibilità su come il denaro circola effettivamente nell’economia cinese.
Questo approccio li aiuterebbe a tracciare eventuali flussi illeciti di fondi, come il riciclaggio di denaro sporco o il finanziamento del terrorismo, e consentirebbe loro di sperimentare interventi di politica monetaria mirati su specifiche classi economiche, regioni o altri gruppi.
Inoltre, in circostanze economiche estreme, consentirebbe loro di avere tassi di interesse negativi per il denaro contante.
Insomma, la Cina ha da tempo l’obiettivo di internazionalizzare la propria valuta e, col tempo, lo yuan digitale potrebbe essere una mano d’aiuto fondamentale in questa iniziativa, rendendo più facile incoraggiare gli utenti di altri Paesi a utilizzare lo yuan.
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