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Tutta la verità su Donald Trump e Bitcoin: 4 cose che può fare davvero

Quanto c'è di vero nella campagna elettorale di Donald Trump su Bitcoin?

Donald Trump è tornato, di nuovo, sul tema Bitcoin e crypto. E lo ha fatto all’interno della sua ultima apparizione pubblica, che tra le altre cose era trasmessa in diretta da CNBC. Farò degli Stati Uniti – al contrario di quanto hanno fatto gli altri – la culla di Bitcoin e crypto, che sono state definite senza mezzi termini industrie del futuro.

Dato che da qualche tempo hanno preso però a parlarne anche i media tradizionali, sarà utile fare un riassunto di quanto sta accadendo a livello politico, anche ad uso e consumo di quei colleghi della stampa mainstream che si sono ora trovati, loro malgrado, a dover discutere temi invero assai ostici.

Mining, lancio di DeFi, sostegno a Bitcoin: formule magiche elettorali che però potrebbero nascondere poi delle operazioni molto diverse tra loro. Cosa può fare davvero Donald Trump per Bitcoin e le Crypto? Proveremo a riassumerlo in questo approfondimento in quattro soli punti.

Cosa si può fare davvero e cosa non si può fare, negli USA

Mina cantava Parole, parole, parole e qualcuno ha recuperato il ritornello di una delle più celebri canzoni della storia della musica italiana per commentare il programma, in realtà assai vago per ora, di Donald Trump per Bitcoin e crypto. Cosa si può fare davvero? Cerchiamo di vederci chiaro.

  • Miner

Per chi non lo sapesse, Bitcoin ha bisogno per funzionare di operazioni matematiche che non sono complesse, ma che richiedono comunque enorme potenza di calcolo, perché numerose. Questo ha reso il mining un affare largamente industriale, del quale si occupano al mondo diverse società, alcune delle quali quotate (proprio negli USA).

Il settore del mining consuma energia, non poche volte ha dato fastidio a comunità locali e di frequente è finito anche sotto lo sguardo attento dell’amministrazione Biden. Alcune delle amministrazioni locali democratiche ne hanno vietato le attività sul loro territorio ed è una delle questioni più calde a livello politico per Bitcoin negli USA.

Allo scopo di tenere alta l’asticella dell’attenzione, il governo a trazione dem ha anche istituito un contestato registro sui consumi. In tanti, senza mezzi termini, sognano (come la senatrice Elizabeth Warren, sempre dem) la fine di questa industria. Nel complesso quello che potrà fare Trump è di aprire a questa industria garantendogli da un lato ospitalità, dall’altro l’assenza di fastidi.

  • AML/KYC

Bitcoin da protocollo non incorpora né KYC, né anti-riciclaggio. E questo è stato un vettore d’attacco importante per i detrattori di questa tecnologia. Qualcuno – vedi di nuovo Warren – voleva imporre ai miner (che poi si preoccupano di inserire le transazioni nei blocchi) verifiche sulla provenienza dei fondi.

Sarebbe una norma che taglierebbe probabilmente le gambe all’industria negli Stati Uniti, che finirebbe per diventare molto meno competitiva rispetto a chi fa mining altrove.

La proposta sembrerebbe essere poco attraente anche per i democratici. Ma non è detto che in caso di vittoria di Kamala Harris non ci si tornerà.

  • Tasse

Un trattamento speciale per le crypto e Bitcoin? Chissà. Una parte degli investitori crypto è comunque allergico a questo tema e preferirebbe quantomeno vedere le tasse rimanere al livello attuale.

Anche su questo l’eventuale presidente Trump potrebbe dire la sua e allontanare certi spauracchi di tassazione speciale sì, ma al rialzo da parte di un’eventuale presidenza democratica.

  • Banche

Qualche giorno fa ne ha parlato il CEO di Cantor Fitzgerald, al secolo Howard Lutnick. Le banche USA vorrebbero fare affari in Bitcoin, ma non lo fanno per le cervellotiche regole sulle riserve di asset digitali.

Anche qui l’indirizzo presidenziale potrebbe essere fondamentale e imporre a SEC una gestione della cosa più lineare e più congrua con i desideri dell’industria.

Il punto bonus

L’elefante nella cristalleria crypto è da sempre SEC, agenzia che regola i mercati dei contratti di investimento e che è storicamente avversa, cosa che si è intensificata negli ultimi anni, al mondo crypto.

La presidenza non ha potere diretto sull’agenzia, che è indipendente e che ha al suo vertice 5 commissari che votano a maggioranza.

Rimpiazzando però il commissario principale, Gary Gensler, la musica e gli equilibri potrebbero cambiare. E si potrebbe aprire la porta anche a ETF su Solana, ad esempio, che per ora sembrano impossibili da far passare proprio a causa della strenua difesa di Gary Gensler delle borse tradizionali dal mondo crypto.

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