Il caso che vede contrapposti SEC – agenzia per la regolamentazione dei mercati negli USA – e l’exchange di criptovalute Crypto.com – è entrato subito nel vivo. Alla Wells Notice consegnata da SEC, avviso di conclusione delle indagini e di presenza di irregolarità, l’exchange ha risposto… citando in giudizio SEC.
Una contromossa che in realtà abbiamo visto all’opera anche da parte di altri conglomerati crypto e che prova a spostare l’intera questione sulla legittimità di SEC stessa quando questa si avventura nel mondo crypto.
La denuncia è una lunga sequela di contestazioni in realtà non nuove e che sono state usate a più riprese da altri exchange e da altre vittime di SEC, in realtà con fortune alterne. Non è però – come hanno scritto in diversi – il tentativo di lanciare la palla in tribuna, ma di attaccare SEC sulle sue stesse fondamenta.
Gli avvocati di Crypto.com – exchange crypto di una certa popolarità – in realtà non hanno inventato granché. E non è detto che ce ne sia il bisogno.
La questione è quella della capacità di SEC di intervenire sul mondo crypto senza che ci sia un esplicito mandato da parte del Congresso. In altre e più articolate parole: SEC interviene basandosi su leggi degli anni ’30 del secolo scorso, dicendo che sono sufficienti per normare anche il mondo crypto. Da un lato ha ragione – perché le norme indicano cosa potrebbe essere oggetto di normativa e non i titoli che lo saranno, dall’altro però non è detto che sia il modo giusto di guardare all’intera questione.
SEC non ha infatti alcun potere di inventare definizioni, categorie e gruppi di asset. Ed è proprio questa una delle contestazioni principali degli avvocati di Crypto.com: SEC ha inventato di sana pianta la categoria di crypto security, anche contro quanto hanno stabilito diverse corti, su tutte quella capitanata dal giudice Analisa Torres.
Anche dalla lista indicata da Crypto.com – che è stata compilata da SEC – non emergono molte sorprese: si tratta infatti di SOL, ADA, BNB, FIL, FLOW, ICP, ATOM, ALGO, NEAR, e DASH.
Non ci sono novità di sorta: tutte sono state già citate all’interno delle cause di SEC contro Coinbase e contro Binance e anche contro exchange minori. Tant’è che alla diffusione della lista nessuna di queste crypto ha avuto reazioni diverse dal trend già in atto di mercato.
Non vi è alcun motivo di preoccupazione per il buono stato delle finanze di Crypto.com. L’accusa non riguarda malversazioni, ma la violazione di supposte leggi che – nel caso – sarebbero state violate da praticamente da qualunque exchange del pianeta.
L’intera causa, nel caso, durerà per anni e vedrà un’arcigna opposizione da parte dell’exchange. Probabilmente, fino ad allora, si sarà trovata una soluzione.
Basti ricordare che le cause contro Binance e Coinbase vanno avanti ormai da tempo – e che non se intravede per ora neanche l’inizio del dibattimento vero e proprio.
Nel peggiore dei casi, a Crypto.com verrebbe comminata una multa. Cosa che non dovrebbe preoccupare nessuno.
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