Vitalik Buterin torna a scrivere del funzionamento dietro le quinte di Ethereum – e trattandosi come sempre di un post denso di significato e novità – varrà la pena commentarlo. Il tema è quello dello staking – anche se più in generale il post si riferisce al possibile futuro del protocollo Ethereum.
I due punti affrontati nell’analisi – sempre puntuale – di Buterin riguardano sia la soglia di ETH necessari per partecipare al processo di validazione. Questioni che fanno dibattere gli appassionati di Ethereum da tempo e per le quali Buterin propone diverse soluzioni.
Quella che si è guadagnata i titoli di tutti i giornali è la proposta di passare da 32 a 1 ETH come soglia minima per partecipare allo staking. Le cose – come sempre accade però – sono più complicate di così.
Vitalik Buterin può piacere o meno, ma non può non essergli riconosciuta un’invidiabile onesta intellettuale. Il post si apre segnalando quelli che sono i tre obiettivi in conflitto. Una sorta di nuovo trilemma che sarà molto difficile risolvere:
Per questo obiettivo è assolutamente necessario abbassare la quantità di ETH che sono necessari per partecipare.
E portarla al più basso valore possibile.
Ovvero le risorse necessarie per far girare un nodo.
I tre obiettivi sono in conflitto chiaramente per chiunque abbia una minima concezione di come funziona Ethereum – e trovare un nuovo equilibrio non sarà facile.
Immaginiamo un mondo dove partecipare al processo di validazione di Ethereum sia più economico in termini di ETH da mettere in staking. Questo aumenterebbe di molto il numero dei validatori, ma anche l’overhead.
Il risultato ideale fissato da Buterin – in un mondo di fantasia – è quello della finalità in un solo slot – e quindi passare da 15 minuti a 12 secondi circa.
E per quanto riguarda la partecipazione allo staking, fissare il limite minimo a 1 ETH.
Buterin offre anche delle possibili soluzioni. La prima è quella di utilizzare dei sistemi di aggregazione delle firme più efficienti, come ZK-SNARK.
La seconda opzione è quella dei comitati Orbit: un sistema che selezionerebbe in modo causale comitati di taglia media (numericamente parlando) per la finalizzazione della chain. Al tempo stesso tali comitati dovrebbero implementare tutte le misure di sicurezza oggi garantite dall’equilibrio 32 ETH + 15 minuti circa.
La soluzione utilizzata da Algorand non è percorribile: Algorand seleziona un numero random di validatori, ma rende così molto poco costoso continuare a tentare degli attacchi, dato che vengono puniti soltanto i nodi dell’attaccante che vengono… selezionati. Quella degli Orbit sarà una soluzione da analizzare, ma non è l’unica, perché in realtà Buterin ne propone anche una terza.
La terza soluzione è quella di uno staking su due livelli. Ovvero avere una tipologia di staking con limiti elevati (come oggi) e una invece con limiti meno elevati. Soltanto i primi sarebbero coinvolti nella finality.
Difficile a dirsi per ora: la discussione è soltanto agli inizi e richiederà interventi anche da parte di altri specialisti.
Quel che è certo è che Ethereum continua a tentare di cambiare e aggiustarsi a ritmi piuttosto elevati. E anche questo sarà motivo di discussione tra gli appassionati.
Senza entrare troppo nello specifico, quello che desideriamo che rimanga da ognuno dei lettori di questo post, è che giocare con le variabili ha dei costi per l’ecosistema – e che è per questo motivo (e non per uno scarso rispetto dei solo staker) – che la situazione è così complicata.
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