Editoriale

Bitcoin riserva di valore: il cavallo di Troia di Michael Saylor e dei “riservisti”

Quella di Bitcoin come riserva di valore è una narrativa sbilenca e pericolosa.
1 mese fa
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Mario compra un pezzetto di Bitcoin. Gli hanno detto che è oro digitale e potrà portarselo dietro in caso di guerre, carestie, nel caso in cui dovesse trovarsi alla fine del XX secolo di Ken il Guerriero, con il mondo in mano a bande di motociclisti senza scrupoli e senza morale.

Oro digitale – la riserva di valore per eccellenza – che puoi portarti dietro anche più facilmente di un lingotto. Ed è per questo che dovresti comprarlo, no? È scarso, è tecnicamente finito a 21.000.000 di unità e non c’è niente come lui.

È da tempo che proviamo a batterci contro una narrativa che troviamo demenziale e pericolosa – e che è doppiamente demenziale e pericolosa quando a farla propria sono i bitcoiner più di lungo corso. Quelli di cui tutti si fidano, in particolare tra i primi arrivati.

Questo breve editoriale è il riassunto del perché crediamo che le narrative di oro digitale e riserva di valore dovrebbero essere abbandonate più rapidamente possibile – e del perché si dovrebbe ritenere chi la sostiene un cavallo di Troia – più o meno consapevolmente.

Bitcoin, riserva di valore, network monetario

La narrativa della riserva di valore è funzionale a una canea di soggetti che hanno tutti un interesse diretto o indiretto affinché Bitcoin venga considerato un equivalente digitale dell’oro.

  • Per i divulgatori

È un concetto facile da comprendere e da far comprendere. Quando qualcuno chiede il perché di Bitcoin, si risponde che ha a grandi linee le caratteristiche dell’oro. È scarso, non si può stampare a piacimento, ha bisogno di costose attività estrattive per venire al mondo. In più, rispetto all’oro, è finito – e anche se il prezzo dovesse aumentare non se ne può estrarre di più nello stesso arco temporale.

  • Per i venditori di servizi di custodia

Non detenere da solo i tuoi Bitcoin. È pericoloso e non ti servono da spendere. Parcheggiali qui, pagami una commissione e dormi tranquillo. È come mettere l’oro… in cassaforte.

  • Per evitare certe critiche

È la questione più difficile. Bitcoin è attaccato da tempo perché poco utile per le piccole spese. Chi aspetterebbe ~10 minuti di media per la verifica di un pagamento? Come posso spendere una moneta che spesso richiede costi di transazione molto alti? A portare avanti queste critiche – che hanno del fondamento – sono due gruppi di persone.

Bitcoin onchain è lento? Rispondere che è riserva di valore non è il modo più intelligente di affrontare il problema, ammesso che lo si voglia chiamare così

I FORKER: ovvero i sostenitori di vecchi fork di Bitcoin che o hanno un blocktime più basso, oppure dei blocchi più grandi. Dicono di essere il vero ideale di Satoshi Nakamoto, hanno perso (i mercati hanno scelto il vero Bitcoin) e pensano di poter ottenere una rivincita pagando gli aperitivi onchain.

I PERFEZIONISTI: Bitcoin non è perfetto? Non è simultaneamente più rapido, più decentralizzato e più economico di una transazione con una carta Visa? Allora non serve a nulla – il bambino andrebbe gettato con l’acqua sporca.

C’è una risposta saggia a queste critiche, e una risposta meno saggia, che è quella del ma Bitcoin è una riserva di valore, mica serve per pagare.

LA RISPOSTA MENO SAGGIA E PIÙ COMODA: è una risposta che parte da un presupposto sbagliato. Bitcoin è perfetto, perfettissimo e dunque va cambiata la narrativa quando viene fatto (giustamente) notare che pagare e aspettare 10 minuti non è percorribile per le piccole spese (in realtà sì con Lightning, ma questo apre ad altre infinite discussioni).

E quindi ecco pronta la narrativa della riserva di valore: non è un problema se Bitcoin impiega di media 10 minuti per un blocco. Non è un problema perché con Bitcoin non devi mica pagarci, non devi mica essere banca di te stesso. Bitcoin è una riserva di valore: compralo, ammucchialo, dimenticalo, e goditi i frutti tra qualche anno. Una narrativa che piace anche ai più pigri, che credono che comprando qualche satoshi potranno cambiare il mondo – o fosse anche soltanto la loro vita economico-finanziaria. Spiace per tutti i soggetti di cui sopra, ma le cose sono più complicate di così.

LA RISPOSTA PIÙ SAGGIA E MENO COMODA: Bitcoin è un sistema monetario decentralizzato. Nel corso della sua breve ma intensa vita sono state fatte delle scelte (sulle quali vi è stato consenso) precise. Le scelte vogliono dire sempre compromesso – che nella storia di Bitcoin è stato a volte a favore della possibilità di far girare un nodo anche con pochi euro; a volte a favore di una maggiore resistenza del network e altre volte in funzione della sua sostenibilità tecnologica futura.

La bontà di un sistema monetario libero si misura sulla velocità? Si misura sul numero di transazioni al secondo? Si misura da quanto articolati siano gli smart contract? La risposta in tutti e tre i casi è no – e questo non muove di una virgola la bontà di Bitcoin come sistema monetario, il che vuol dire sistema per pagare e non solo per accumulare.

Michael Saylor: autocustodia pallino di cypherpunk paranoici

Michael Saylor – che è stato sempre da quella parte della barricata (quella dello store of value) – ha iniziato a sparare metaforici missili in direzione di chi non ritiene Bitcoin (soltanto) una riserva di valore.

Bitcoin permette a tutti di fare autocustodia dei propri asset: non servono banche, non servono custodi. Basta un minimo di accortezza e si può evitare di parcheggiare il nostro patrimonio da un intermediario.

Non per Michael Saylor, che ha affermato in una recente intervista:

Credo che quando Bitcoin è detenuto da un gruppetto di crypto anarchici, che non sono entità regolate, che non riconoscono il governo, o che non riconoscono le tasse, o che non riconoscono gli obblighi di report, questo aumenta il rischio di sequestro. C’è una community “old school” che è “hardcore” su questo tema [quello dell’autocustodia, NDR], ma se guardi a dove sono i soldi, il 99,9% dei soldi… sono nell’economia tradizionale.

E poi in riferimento a una domanda sul famoso sequestro di oro dell’ordine esecutivo 6102 e su quanto questo possa riproporsi, motivo per il quale sarebbe saggio autodetenere Bitcoin:

Ad affermare questo sono in larga parte crypto anarchici paranoici. È un mito, è un simbolo che viene ripetuto più e più volte.

Quello che afferma Saylor è interessante non perché ha accumulato quantità enormi di $BTC, ma perché è la sintesi dell’ideologo principale di Bitcoin come riserva di valore.

L’autocustodia non serve – e di conseguenza non serve, aggiungiamo noi, neanche un network monetario senza KYC/AML e di libero accesso per tutti, perché questa ne è l’ovvia conseguenza.

Bitcoin si deve comprare perché è un’ottima riserva di valore (tutto o quasi lo è in un arco temporale sufficientemente ampio, ma evidentemente non interessa a Saylor) e di tutte le sue altre caratteristiche potremo, anzi possiamo, anzi dobbiamo farne a meno.

Il valore di Bitcoin non dipende dalla sua scarsità

Questa suonerà come una bestemmia per chi si è abbeverato alla fonte dei 21 milioni. Ma non è il fatto importante del valore di Bitcoin. Domani chiunque potrebbe creare un clone con 21 unità e la cosa con ogni probabilità non avrebbe più valore del Bitcoin che tutti conosciamo.

Bitcoin ha valore perché:

  • Ha una politica monetaria prevedibile

Già oggi possiamo scontare l’arrivo di nuovi Bitcoin in futuro. Sappiamo come si muoverà – e sappiamo che l’interesse della community è quello di lasciare queste regole invariate. C’è una convergenza tra consenso e vantaggio di chi lo deve esprimere.

  • È resiliente

L’asset in questione circola sul suo network nativo, che ha dimostrato di essere resiliente anche ad attacchi organizzati e articolati. Avere un network up a prescindere da chi lo vuole morto, è un valore. E vale, anche in termini monetari. Chi vuole partecipare al network, deve dotarsi di Bitcoin e scambiarsi Bitcoin.

  • È libero

Una parte della domanda di Bitcoin arriva da chi non può o non vuole utilizzare i canali classici per lo spostamento di denaro. Canali che sono contigui a quelli che Saylor riterrebbe più convenienti, sicuri e legali per detenere Bitcoin e spostarlo.

  • Non ha bisogno di custodi e intermediari

Si può decidere di detenere Bitcoin tramite un ETF, tramite un certificato di deposito e in tutti i modi in cui oggi si può detenere anche l’oro. Si può anche decidere però di detenerlo per conto proprio, senza rendere conto a nessuno e senza che perda per questo motivo utilità. L’auto-detenzione dell’oro è pericolosa e poco conveniente. Quella di Bitcoin no.

Senza il suo network Bitcoin è solo un costosissimo database

Un costosissimo database che ha bisogno della stessa allucinazione collettiva che rende l’oro prezioso per funzionare.

Avere un massimo circolante di 21 milioni e un ledger, un libro mastro delle transazioni difficile se non impossibile da manomettere non è assolutamente sufficiente per spiegare la proposta di valore di Bitcoin, della quale l’asset in sé è soltanto una parte e probabilmente nemmeno la più rilevante.

La teoria di chi vuole venderlo agli altri perché asset è limitata, limitante e in ultimo pericolosa per chi vuole riconoscere davvero la particolarità, l’unicità di Bitcoin.

Comportarsi da riserva di valore

Tra le altre cose l’allucinazione collettiva di cui sopra – quella della riserva di valore – non è ancora operativa e sarà molto difficile diffonderla.

Nei momenti di grande crisi, Bitcoin ha il più delle volte seguito l’andamento degli asset di rischio e non quello del porto sicuro. E questo è fondamentale capirlo, per quanto anche noi riteniamo che $BTC abbia tutte le caratteristiche per essere riserva di valore. Per il momento non lo è – perché non ci credono persone a sufficienza.

Credere? Sì, perché come abbiamo detto sopra è il risultato di un’allucinazione, di una convinzione collettiva sul fatto che qualcosa sia una certa cosa. Cosa che vale per l’oro, per tutti gli asset per proteggersi e che Bitcoin non è ancora riuscito a imbastire.

Sul medio periodo Bitcoin e oro potranno essere anche correlati (in realtà no, ma facciamo finta che lo siano), sul breve – in occasione di grandi crisi, non lo sono. E tanto basta.

Che poi Bitcoin sia ottimo sul piano personale nelle situazioni di crisi, soprattutto se geograficamente ristrette, è un dato di fatto: pensate a chi si è sottratto dagli scenari di guerra e ha potuto portare con sé i suoi Bitcoin, mentre i risparmi in banca erano bloccati.

Pensate a scenari come quelli del Libano – dove in tanti si erano protetti dal caos mettendo dollari in banca che poi non hanno potuto mai ritirare.

Pensate a chi deve proteggersi dalla repressione politica, che sempre più spesso prende la forma di repressione finanziaria. E dunque di blocco di fondi, denaro e titoli che abbiamo custodito presso un terzo.

In tutti questi casi Bitcoin è un’ottima “riserva di valore”, ma per i motivi opposti di quelli recitati da Saylor – e di quelli che vengono ritenuti corretti da quasi tutti i sostenitori della teoria di Bitcoin riserva di valore.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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