Sconquasso sui mercati venerdì in prossimità della chiusura delle borse USA. Ad affossare il mercato crypto e Bitcoin, che è poi comunque risalito sul livelli più apprezzabili, una notizia diffusa dal Wall Street Journal e che riguarda la possibilità, da parte del Dipartimento di Giustizia e del Tesoro USA, di sanzionare Tether, il più importante degli stablecoin del mondo crypto, con una capitalizzazione di mercato di 120 miliardi di dollari.
Una notizia che però è stata subito smentita dal CEO di Tether, Paolo Ardoino – che smentendo ha però ha affermato qualcosa di forse più interessante: si tratta di vecchie questioni che vengono tirate ancora una volta fuori dal WSJ. Vecchie questioni che erano arrivate nel dominio del discorso pubblico tramite lo stesso giornale. E che sarebbero, aggiungiamo noi, oggi inesistenti.
In ballo c’è tanto, ed è per questo che i mercati hanno reagito in modo feroce, con Bitcoin che ha rimbalzato sopra i 66.000$ dopo una caduta verticale in seguito alla notizia.
La notizia è in realtà qualcosa di solo parzialmente nuovo. Più volte in passato, soprattutto da The Wall Street Journal, erano arrivate notizie di interessamenti da parte del Dipartimento di Giustizia USA su certe attività di Tether.
In altre parole ci sarebbe stato l’interessamento perché Tether sarebbe utilizzato da un sottobosco (e talvolta neanche troppo sotto) di criminali organizzati, che potrebbero così avere accesso al dollaro – o comunque a qualcosa che lo rappresenta – senza dover passare dalle banche, che richiederebbero l’adempimento di quanto previsto dalle normative AML / anti-riciclaggio.
Questione antica, tant’è che solo qualche tempo fa Tether, per la precisione a dicembre 2023, Tether stessa aveva confermato una collaborazione estensiva sia con FBI, sia con lo stesso Dipartimento di Giustizia all’interno di diverse indagini.
Una questione che sembrerebbe dunque largamente esagerata, anche per altre vicende che riguardano nello specifico la tesoreria di Tether, sempre di più legata a doppio filo al mondo governativo americano. Il grosso delle riserve di Tether sono infatti custodite tramite bond americani a breve scadenza, con Tether stessa che – se fosse uno stato – sarebbe tra i primi detentori al mondo di questo tipo di titoli.
Quanto ha preoccupato di più i mercati è stato senza dubbio alcuno la possibilità – ventilata da WSJ – di sanzioni nei confronti di Tether. Cosa che vorrebbe dire l’iscrizione nel registro dei cattivi di OFAC e dunque l’impossibilità da parte di società e privati statunitensi di interagire con il protocollo e con USDT.
Al netto dell’accesso allo stablecoin da parte dei trader, la cosa sarebbe più preoccupante perché il grosso delle riserve di Tether sono da Cantor Fitzgerald, società statunitense che gestisce una parte enorme della tesoreria di Tether.
Ed è proprio il rapporto stretto con Cantor Fitzgerald che ha fatto partire elucubrazioni sul movente politico delle tempistiche dell'”indagine” di WSJ: il CEO di Cantor Fitzgerald, Howard Lutnick, è stato scelto da Donald Trump come transition chief.
Questa vicinanza politica tra i due è – per diversi commentatori – responsabile delle nuove antipatie che Tether si starebbe attirando. Ma questa è per il momento fantapolitica, con un pizzico di teorie del complotto che nel mondo crypto e Bitcoin trovano sempre spazio.
È comunque già arrivata la dura risposta di Tether all’articolo di The Wall Street Journal, che parla di pubblicazione irresponsabile.
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Chiarissimo uso politico della giustizia. Fatto seriamente, non come qui da noi dove spesso viene paventato a sproposito da questo o quel politico "birichino".