Secondo quanto è stato riportato da The Wall Street Journal, Cantor Fitzgerald si sarebbe accordata per un ingresso al 5% in Tether, la società che gestisce USDT, il più grande degli stablecoin, con 132 miliardi circa di capitalizzazione. La notizia deve essere ancora confermata dalle parti e Cantor Fitzgerald non ha ancora risposto alla nostra richiesta di conferma.
La questione è interessante, come sottolinea The Wall Street Journal, più sul piano politico che sul piano economico. Per il momento non è chiaro quanto ci sia di complottismo politico e di disperata ricerca del retroscena e quanto invece di vero.
Vediamo cosa sappiamo, cosa non sappiamo e cosa pensiamo di sapere.
Cantor Fitzgerald in Tether: 5% a 600 milioni di dollari
Per chi non avesse seguito le evoluzioni degli ultimi mesi, sarà utile un breve riassunto di quanto accaduto.
Primo punto: Tether è un’enorme società, una multinazionale che offre un servizio essenziale per i mercati crypto e per chi vuole accesso al dollaro pur non avendo accesso diretto al dollaro. Riceve dollari, emette un token, USDT, dal valore di 1 dollaro e intanto investe in titoli a basso rischio (principalmente bond USA a breve scadenza) quanto incassato.
Il meccanismo funziona, tant’è che Tether è una società ricchissima, con profitti miliardari e che è il centro nevralgico di tutto il mercato crypto.
Secondo punto: Cantor Fitzgerald è un’enorme società finanziaria, che oltre ad avere attività old school, fa anche da custode per una quantità enorme dei titoli detenuti da Tether a riserva di USDT. Il CEO di questo gruppo, Howard Lutnick, si è speso pubblicamente a difesa di Tether. Fa parte del team di transizione di Donald Trump e sarà il suo prossimo Segretario al Commercio. Una posizione politica importante, e per il WSJ fondamentale per risolve alcune questioni che vedremo nel…
Terzo punto: WSJ parla da tempo di indagini da parte del Dipartimento di Giustizia americano su questioni che riguarderebbero AML (anti-riciclaggio) e altre questioni altrettanto importanti. Di tali indagini non vi è traccia ufficiale, sono state smentite da parte di Paolo Ardoino e più in generale se ne discute quasi soltanto sul WSJ.
Secondo le ultime rivelazioni – anche se forse non sarebbe il caso di chiamarle così – Tether potrebbe utilizzare la sua neo-conquistata leva politica per schermarsi da certe vicende, tra le quali quelle di cui sopra.
Le grandi macchinazioni hanno senso?
Da un lato è ragionevole aspettarsi che Tether possa contare su un nuovo alleato politico. O comunque di un’amministrazione meno avversa. Dall’altro lato riteniamo assurdo pensare che sia un segretario del Commercio – per quanto la carica sia importante – a decidere cosa farà e non farà il Dipartimento di Giustizia.
Devasini, figura centrale in Tether e fondatore della società – ha affermato di voler sfruttare il nuovo ruolo politico di Howard Lutnick per schermarsi? Non l’abbiamo sentito con le nostre orecchie, e data la fonte (un WSJ che ha un pessimo record quando parla di criptovalute) abbiamo certamente buoni motivi per dubitarne.
E ammesso che l’abbia detto, tra quanto si afferma in una conversazione privata e quanto poi si riesce a ottenere sul pano politico in uno dei paesi più articolati, complessi e con più centri di potere del mondo, può esserci la stessa differenza che c’è tra il dire e il fare.
Riteniamo eccessivo pensare che una nuova amministrazione possa proteggere Tether a piacimento, ammesso e non concesso che abbia bisogno di protezione e ammesso e non concesso che si tratterà di una presidenza con un controllo così diretto su quanto avviene nel ramo giudiziario. Sono gli Stati Uniti – e non come forse vorrebbe raccontarli il WSJ, una piccola repubblica delle banane dove una grande società come Tether (ma pur sempre una società privata) può fare il bello e il cattivo tempo.
Tempo fa avevamo chiesto a Paolo Ardoino un commento a caldo sulle elezioni USA e sull’elezione di Howard Lutnick:
Criptovaluta.it: Possiamo dire che ora avete un uomo alla Casa Bianca? Era la migliore opzione sul tavolo per voi?
Paolo Ardoino: Sono ottimista sul fatto che la nuova amministrazione supporterà lo sviluppo del mondo Bitcoin e crypto negli Stati Uniti.
Criptovaluta.it: Pensi che sarà positivo avere Howard Lutnick così vicino al nuovo presidente degli USA?
Paolo Ardoino: Howard supporta Bitcoin. Quindi anche quello è un elemento positivo.
Chiaramente aspettarsi la spiegazione passo passo di un piano che forse esiste solo nelle menti degli editorialisti di WSJ era eccessivo – e la risposta apparirà a tanti laconica. Probabilmente si sarà brindato da Tether per avere finalmente una Casa Bianca non più apertamente avversa al mercato di cui si nutre.
Ma da qui a immaginare macchinazioni ordite per controllare una parte di governo USA, che a sua volta dovrebbe riuscire a controllare il Dipartimento della Giustizia e a farla fare franca ad un gruppo di delinquenti acclarati (almeno secondo l’opinione del WSJ) francamente ce ne passa.
E sono cronache che ci aspetteremmo di trovare più su blog di quinta lega che sul The Wall Street Journal.
Tether utilizza leve politiche a tutela del suo business? Benvenuti nel mondo degli adulti, dove se hai 130 miliardi in gestione hai un bersaglio sulla schiena altrettanto grande, soprattutto quando stai cercando di scardinare il monopolio sul denaro esercitato dalla costosa, lenta e restrittiva finanza di una volta.
Capiamo anche che molti dei lettori di WSJ conserveranno il candore tipico dei bambini, ma non capire come funziona il mondo degli adulti quando adulti siamo già diventati non può che essere colpa nostra.
Per il resto, attenderemo una risposta di Cantor Fitzgerald e nel caso in cui sia affermativa – sì, abbiamo quote di Tether – non potremo che commentare un evento vero, quello dell’ingresso di uno dei più grandi player della finanza tradizionale nell’impresa crypto più di successo di sempre. Cose che – queste sono le notizie – non accadono tutti i giorni.