La presenza di Marc Andreessen da Joe Rogan, nel podcast più seguito al mondo, ha riaperto discussioni che nel comparto si fanno da tempo e che riguardano la guerra – in larga parte invisibile – che l’amministrazione Biden ha condotto verso il mondo crypto. È quella che Nic Carter aveva ribattezzato Operation Chokepoint 2.0 e che ha visto negli anni tante società crypto e Bitcoin venire espulse dal circuito bancario USA. Una situazione che in sedicesimo è vissuta anche da tanti investitori italiani, che si sono visti chiudere il conto in banca proprio per trasferimenti verso gli exchange.
Le cose starebbero però cambiando, almeno negli Stati Uniti. La nuova amministrazione si è detta pronta a battersi per il comparto e più in generale per il trattamento equo di un’industria che non lo ha ricevuto, almeno fino ad oggi.
La conferma di certi comportamenti, anche pre-Biden, è arrivata anche dal fondatore di Kraken, Jesse Powell, che ha raccontato una storia simile a quella di tante società del settore, che pur non avendo alcun tipo di attività illegale, si sono viste chiudere conti oppure negare la possibilità di aprirne uno.
La risposta al perché serve Bitcoin
A prescindere da quanto sia accaduto a tanti crypto exchange e a tanti intermediari del settore crypto negli USA, la questione è certamente più ampia. Ed è la risposta più importante che abbiamo alla domanda a cosa serve Bitcoin?
Un settore finanziario che è tecnologicamente costruito per poter escludere, a comando o su indirizzo politico, certi soggetti anche quando operano nel pieno della legalità, è la sintesi del perché avere un sistema monetario peer to peer sia non solo utile, ma anche per una società che abbia un minimo a cuore la libertà dei soggetti che la compongono.
A scoperchiare il vaso di Pandora è stato Marc Andreessen, che tra le altre cose è il fondatore di a16z, fondo venture con enormi trascorsi nel mondo delle criptovalute. Intervenendo da Joe Rogan ha segnalato da un lato quanto accaduto (anche a parte delle sue imprese), dall’altro il movente, squisitamente politico, che ha innescato certe azioni.
Qualcosa del quale si parlava ormai da tempo nel settore crypto ma che mai era stato discusso a livello pubblico con questa chiarezza. Qualcosa che sarà parte delle discussioni politiche di massimo livello che certamente avverranno negli USA.
Sul tema gioverà ricordarsi anche di ciò che è accaduto a Silvergate, una delle poche banche disposte a correre il rischio di offrire servizi bancari al mondo crypto, che è stata fatta fallire anche lì con un intervento politico la cui portata andrà studiata.
Già eliminare ostacoli di questo tipo – al netto poi dell’effettivo impegno dell’amministrazione Trump nel mondo crypto – potrebbe aprire uno spazio enorme per tutti gli attori del mondo crypto.