Se c’è qualcosa che non piace ai mercati, è l’incertezza. Se c’è qualcosa che ha sempre fatto parte dello stile di negoziazione di Donald Trump è galleggiare sull’incertezza. Spararla grossa, poi ritrattare, far passare come possibile il peggiore dei casi, salvo poi far accontentare la controparte di una situazione migliore, ma generalmente peggiorativa rispetto alle condizioni di partenza.
Tornando ai mercati – anche quelli Bitcoin e crypto: dal 20 gennaio, data del giuramento di Donald Trump come 47esimo Presidente degli Stati Uniti, l’andamento è stato turbolento. Prima un nuovo massimo per Bitcoin, poi la tensione, poi ancora la correzione che lo ha riportato sotto quota 90.000$. Quota che non si vedeva, udite udite, dalla settimana successiva all’elezione… di Donald Trump.
Trarre conclusioni da questa prima fase della presidenza, intendendola dal 5 novembre (giorno della vittoria elettorale) a oggi non è semplice. E non sarà semplice anticipare il futuro, per i motivi che abbiamo elencato sopra. Ovvero lo stile di Trump, la debolezza intrinseca dei nemici in patria e all’estero e per la presenza di un quadro di ridefinizione del mondo – commerciale e politico – per come lo abbiamo conosciuto fino a oggi.
Bitcoin: dal Trump Pump al Trump Dump?
Le aspettative erano alte, altissime. E in parte sono state rispettate. Nei 3 mesi scarsi che vanno dalla vittoria elettorale di Donald Trump fino al suo giuramento abbiamo visto Bitcoin passare dai 68.000$ a nuovi record sopra quota 109.000$. La cura, almeno in una prima parte, ha funzionato.
Bitcoin era stato d’altronde uno dei temi ricorrenti della campagna elettorale di Trump, che aveva promesso di chiudere una volta per tutte con il passato di attacchi al comparto, tutti targati Joe Biden. Promessa che – tra le altre cose – per il momento sembrerebbe essere più che mantenuta.
Da SEC arriverà Paul Atkins – storicamente vicino al settore. David Sacks è a capo della crypto task force e ha già promesso faville – o comunque maggiore chiarezza per quanto riguarda la classificazione degli asset digitali.
Lo stesso Sacks sta valutando – insieme al suo team – la possibilità di avere una riserva in Bitcoin e forse in altre crypto. E dovrebbero mancare ormai poche settimane all’ok (si presume) a questo tipo di operazione.
Cos’è che non piace e sta facendo preoccupare i mercati?
In realtà tutto il problema è altrove e principalmente nell’economia tradizionale. La questione che più li ha agitati è quella di dazi che in realtà erano stati promessi più e più volte durante la campagna elettorale.
Ciò che ha forse stupito gli astanti è che – una volta tanto – a proclami in campagna elettorale siano poi seguiti, a stretto giro, dei provvedimenti.
Dobbiamo però tornare anche in questo caso al punto iniziale: le trattative gestite alla Trump sono massacranti: si parla di 100, si litiga per andare a 50, poi si spara di nuovo 100 e infine ci si accorda per 75. Lo ha sempre fatto – secondo i bene informati anche nella sua vita privata – e a quanto pare lo sta continuando a fare.
Non esattamente il top per mercati che sono da mesi con i nervi a fior di pelle, complice una situazione di grande incertezza per quanto riguarda i tassi di interesse.
L’azionario tiene
L’altra questione definitoria di questa fase è quella dell’azionario. Per quanto ci siano state delle mini-correzioni, viaggiamo comunque intorno ai massimi – come ha brillantemente sottolineato più volte il nostro Alex Lavarello sul nostro Canale VIP Premium.
Una questione ancora difficile da decifrare ma che racconta una verità ineluttabile: il mondo degli investitori crypto è ancora più reattivo, sconsiderato e se vogliamo nervoso di quello già reattivo, sconsiderato e nervoso che fa trading di breve periodo sulle azioni.
Tante delle reazioni del mondo crypto, almeno a chi vi scrive in questo momento, sono apparse come inconsulte, soprattutto tenendo conto dei cambiamenti che sono già evidenti. E questo modo di essere del mondo crypto è quanto lascia una speranza, a mio avviso solido, di ripresa.