Un consumo enorme, tanto quanto l’intera città di Londra. Le fabbriche di mining di Bitcoin, come è noto, consumano moltissima energia, sia per la forgia di nuovi BTC, sia per la validazione delle transazioni sulla blockchain.
È questa la notizia che ha fatto il tam tam sui principali giornali italiani, dopo essere stata per una settimana su quelli internazionali. Un attacco partito da Bill Gates, poi rilanciato dall’economista Alex de Vries della Nederlandsche Bank e in realtà preoccupazione per molti, anzi per moltissimi che si occupano di ambiente, efficienza energetica e anche di criptovalute.
L’algoritmo Proof of Work che tiene in piedi l’intera blockchain di Bitcoin è da sempre che ha questo problema: ha bisogno di risolvere calcoli complicatissimi per validare le transazioni. Calcoli che richiedono un grande consumo di energia, sia da parte dei PC, sia da parte delle macchine specializzate che oggi vengono utilizzate nelle fabbriche di Bitcoin, perché più efficienti.
Il mining – e il suo enorme consumo – non sono sicuramente per tutti. Si può partecipare alla rivoluzione di Bitcoin anche tramite investimenti più classici. Con eToro (qui per il conto dimostrativo gratuito) possiamo iniziare ad investire, anche senza passare dal mining, con minimi molto bassi e tutti gli strumenti utili per l’analisi e anche per le indicazioni di investimento.
Mining: perché è così dispendioso
Sul mining di Bitcoin in realtà si discute da quasi un decennio. Il suo algoritmo Proof of Work prevede che la convalida avvenga tramite la soluzione problemi crittografici complessi, che possono consumare molta energia e che richiedono, almeno oggi, macchine specializzate per la loro soluzione.
Si possono ancora utilizzare dei PC per il miningche tornano ad essere convenienti anche per chi vive in Italia (e paga l’elettricità mediamente più che in altri paesi), ma la maggior parte del mining, quello che consumerebbe tanto quanto la città di Londra, avviene in realtà in centri specializzati, in paesi o aree di paesi dove l’elettricità ha costi risibili e dove si ha accesso anche a spazio a basso costo (e quindi si possono affittare capannoni di grandi dimensioni).
Il problema, se così vogliamo chiamarlo, di Bitcoin (in realtà una sua feature di sicurezza) è noto, tant’è che delle criptovalute emergenti o di nuova generazione sono in pochissime ad utilizzare un algoritmo di questo tipo, preferendo i più gestibili Proof of Stake, dove invece si vota la bontà della transazione – per farla breve – in relazione ai token che abbiamo bloccato per ottenere i voti.
È davvero un problema il consumo di energia elettrica del mining Bitcoin?
L’hardware per il mining di Bitcoin, che sia di tipo domestico oppure di tipo industriale, ha consumi elevati. O meglio, è incredibilmente efficiente, ma per risolvere i calcoli di cui abbiamo appena parlato, deve girare al massimo della potenza possibile per 24 ore al giorno, 7 giorni a settimana. E i consumi effettivamente salgono. Il paragone con il consumo di Londra è sicuramente efficace, regala qualche facile titolo ai giornali non specializzati e fa circolare di nuovo una notizia che… notizia non era.
Ci sono almeno due considerazioni da fare però: Bitcoin consuma elettricità, per efficienza dei miner, dove questa è meno costosa perché nessuno altrimenti la utilizzerebbe. La seconda considerazione da fare assolutamente è che in realtà questo consumo elevatissimo di energia ha sempre permesso alla blockchain di BTC di essere sicura. Perché un takeover richiederebbe una potenza di calcolo tale – e dunque energia – che nessuno potrebbe sostenere.
Sarà un problema, per il futuro, per l’ecologia?
Dipende sicuramente dai punti di vista. Bitcoin ha un consumo molto elevato, ma francamente non capiamo perché si stiano facendo le pulci ad un sistema che pur a qualcuno servirà, senza invece toccare, ad esempio, i consumi del web, delle ore passate davanti a YouTube o a Netflix, ma anche delle ore spese a giocare ai videogiochi, che richiedono calcoli altrettanto complicati e soprattuto un consumo di energia simile.
Fare le pulci a Bitcoin ha tutta l’aria di essere l’ennesimo attacco ad una criptovaluta che ha scompaginato l’economia classica, ha reso meno rilevanti le banche (e ancora meno rilevanti le renderà nel futuro) e soprattutto ha cambiato il rapporto di forza tra i pochi che governano l’economia e i molti che hanno reclamato, anche attraverso le criptovalute, maggiore orizzontalità.