Il ministro dell’Economia argentino Martin Guzmán ha presentato le sue dimissioni nella giornata di ieri, lanciando il Paese nel panico. Per l’Argentina, già attanagliata da dubito pubblico fuori controllo, si tratta di un duro colpo: il ministro aveva appena negoziato l’ennesimo debito col Fondo Monetario Internazionale per un’ammontare di 45 miliardi di dollari.
I cittadini, per tutta risposta, hanno preso a incamerare stablecoin dopo l’istantaneo crollo del peso argentino. Crollo come diretta conseguenza della notizia, ma che segue una scia inflativa che si perpetra inesorabile da più di un anno. Ancora una volta un Paese latino cerca rifugio nelle criptovalute, per non soccombere a una crisi economica senza apparenti e immediate vie d’uscita.
Caso d’uso che forse interessa poco, oggi, i cittadini europei, ma che nei paesi che hanno maggiori problemi è già una realtà. Qualcosa sul quale nel complesso possiamo investire anche con eToro – vai qui per ottenere il conto di prova gratis con 100.000$ di CAPITALE VIRTUALE – intermediario che ci permette di investire su 75+ cripto asset, alcuni dei quali legati anche al mondo degli stablecoin.
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Argentina di nuovo al collasso? Tether è la soluzione
Don’t pay for me, Argentina: stablecoin come nuove Evita Perón ai tempi della blockchain. Perlomeno così devono apparire queste criptovalute agli occhi dei tanti argentini che, a seguito delle dimissioni di Martin Guzmán, hanno visto la moneta nazionale deprezzarsi del 15% rispetto a Tether e DAI, ovvero i due stablecoin più gettonati.
Secondo quanto riferito dai principali exchange che operano in quell’area, gli scambi in stablecoin hanno fatto registrare aumenti del 300% rispetto a quanto si registra normalmente su base settimanale, in seguito all’annuncio di Martin Guzmán. In mancanza di riferimenti con il dollaro americano, le borse argentine avrebbero inoltre aumentato gli spread del 18%, in luogo 2% che sono solite applicare tra domanda e offerta.
Con svalutazione e inflazione (salita a maggio del 60% su base annua) alle stelle ormai da più di due anni, e con scarsa disponibilità di accesso alla valuta statunitense, gli argentini sono da tempo orientati verso le stablecoin per cercare di proteggere i loro averi, messi a serio rischio da una situazione economica ormai fuori controllo. Col peso sempre più debole sul dollaro americano, le stablecoin sembrano essere l’unica soluzione.
Stablecoin cui i cittadini locali sono ricorsi istantaneamente anche in questa vicenda, memori dei purtroppo ricorsivi fallimenti sui quali il Fondo Monetario Internazionale ha volteggiato più di una volta in attesa di sentire odor di carne morta. Per poi ripresentarsi come salvatore, mettendo sulla bilancia del recente (ri)finanziamento un niet secco alle criptovalute senza troppi complimenti.
Uno scudo per i cittadini, anche se stable
Finanziamento di un debito ormai mostruoso che avrà portato, come effetto collaterale, alle dimissioni di Martin Guzmán, in carica dal 2019? Non ci è dato saperlo, di certo però sappiamo che l’ormai ex ministro dell’Economia argentino aveva visto la capitale Buenos Aires adottare una svolta cripto per il pagamento delle imposte locali.
In quell’occasione le autorità locali avevano sottolineato come Bitcoin e le altre criptovalute che sarebbero finite nelle casse comunali sarebbero state immediatamente convertite in peso argentini, segno di fiducia verso la valuta nazionale, nonostante la feroce svalutazione in atto.
Fiducia che è venuta evidentemente a crollare in questa occasione, con l’ennesimo colpo ai fianchi di un Paese economicamente, e ora anche politicamente in ginocchio. Per fortuna, di esempi virtuosi in area Latina ne abbiamo diversi: da Panama al Messico, le criptovalute si stanno dimostrando una via d’uscita credibile a debiti e giogo internazionali, nonostante il momento nero dei mercati.